Migranti, rischio nuova ondata da Algeria e Tunisia
Una nuova ondata migratoria rischia di abbattersi sulle coste dell’Italia a partire dal prossimo autunno. La grave crisi economica, sociale e politica che attanaglia due Paesi chiave delle rotte del Mediterraneo – Tunisia e Algeria – produrrà centinaia di migliaia di disoccupati fra pochi mesi: una bomba a orologeria per la stabilità del Nord Africa e il fianco sud dell’Europa. Un’anteprima di quello che potrebbe accadere è andata in scena lo scorso luglio, con 7.067 persone (in larga parte di nazionalità tunisina) entrate illegalmente in Italia via mare, secondo i dati del Viminale: +549 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019 e +258 per cento rispetto al luglio 2018. Un fenomeno che ha fatto scattare il campanello d’allarme anche per il pericolo coronavirus: i focolai preoccupano al punto che il governo ha schierato l’Esercito a presidiare l’hotspot di Pozzallo.
Il fronte tunisino
In Tunisia le autorità dichiarano di aver inasprito la lotta al traffico di esseri umani, mentre l’Italia ha riavviato i rimpatri (80 settimana) bloccati con la pandemia. Il nuovo capo del governo tunisino designato, Hichem Mechichi, è stato ministro dell’Interno e teoricamente conosce bene il dossier. Ha partecipato alle riunioni con i colleghi del gruppo 5+5 (Italia, Germania, Francia, Spagna, Malta da una parte, Libia, Tunisia, Algeria, Marocco e Mauritania dall’altra) per trovare “un modo congiunto e coordinato” di prevenire e combattere la tratta di esseri umani. Basterà a impedire una nuova ondata in autunno, quando la crisi economica causata dal coronavirus comincerà a falciare posti di lavoro? Finora sono sbarcati in Italia 6.381 tunisini, pari al 42 per cento delle nazionalità dichiarate. Una parte non trascurabile degli sbarchi autonomi, tuttavia, non vengono registrati e portano in Italia veri e propri fantasmi che non chiedono asilo politico e non vogliono farsi identificare. Quantificarli è impossibile: le stime vanno da qualche centinaio a poco più di un migliaio ogni anno. Eppure sono proprio loro, potenzialmente, a creare maggiori problemi di sicurezza connessi al pericolo terrorismo e Covid-19.
Nelle ultime 24 ore, i tunisini sbarcati a Lampedusa sono stati oltre 50 con almeno tre barchini. Un flusso continuo che preoccupa, specialmente perché Luigi Di Maio aveva incontrato l’ambasciatore tunisino dieci giorni fa per inviare il Paese nordafricano a contenere il più possibile le partenze. Stesso discorso per Luciana Lamorgese, che aveva incontro il presidente Kais Saied il 27 luglio a Tunisi, manifestando le preoccupazioni del Viminale per l’arrivo incontrollato di persone partite dalle coste tunisine.
La crisi più grave
Vale la pena ricordare che la Tunisia sta cercando di formare un nuovo governo “nel momento più pericoloso dall’indipendenza” dalla Francia, come sottolineato dal presidente della Repubblica Saied. A rimarcare la drammaticità del momento, Saied ha lanciato un messaggio contro i “cospiratori” stranieri che intendono sovvertire l’ordine del Paese nordafricano con l’aiuto di agenti locali. “Affronteremo con forza qualsiasi partito (politico) che cerchi di minare lo Stato tunisino o intenda trasgredire la sua legittimità”, ha dichiarato Saied, in quello che è sembrato essere un messaggio al partito islamico Ennahda, considerato vicino alla Turchia e al Qatar. L’economia, intanto, rischia di colare a picco. Secondo le stime più prudenziali, il Paese vedrà una grave recessione di almeno 6,5 punti percentuali del Prodotto interno lordo nel 2020. Come se non bastasse, l’incertezza politica rischia di ritardare la conclusione del nuovo accordo con il Fondo monetario internazionale (Fmi), un fatto che secondo l’agenzia di rating Moody’s mina la credibilità del paese e avvicina la Tunisia al rischio default.
Gli harraga algerini
Gli arrivi dei migranti in Italia non riguardano solo la Tunisia. Almeno 742 algerini sono sbarcati in Sardegna da inizio anno, un fenomeno che preoccupa anche in ottica Covid-19. Gli “harraga” (migranti illegali) puntano alla Francia per riunirsi alla più vasta comunità algerina d’Europa. Ma il passaggio ora è reso più difficile dai controlli anti-coronavirus e molti restano bloccati nel nostro Paese. La curva epidemica in Algeria è tutt’altro che in discesa con circa 500 contagi al giorno, 9.600 casi attivi e 1.300 morti. Il quadro economico dell’Algeria non è compromesso come quello dei vicini tunisini, ma è complicato. Un rapporto pubblicato a metà luglio da Verisk Maplecroft, una società britannica di analisi del rischio, avverte di un’imminente crisi finanziaria: non ci sarebbero i fondi per pagare le pensioni e tra poco potrebbero esserci problemi anche per i salari e le forniture dall’estero. Uno scenario da incubo bollato come “ridicolo” e “assurdo” dalle autorità, ma che si inserisce nel contesto del calo delle entrate del petrolio e del gas, che rappresentano larga parte delle entrate del Tesoro. Dopo il Libano, finito in default lo scorso marzo, altri due paesi arabi sono oggi in evidente difficoltà. Le conseguenze di un ipotetico collasso di Tunisia e Algeria le pagherebbe soprattutto l’Italia, chiamata oggi più che mai a richiamare l’attenzione dell’Europa non solo per la crisi in Libia, ma per l’intera sponda sud del Mare Nostrum.
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