I furbetti del bonus dati in pasto per distrarre gli italiani: non si parla più di sbarchi e verbali secretati
Non è stato un caso che a rimescolare la bile dell’indignazione sia stato il presidente della Camera Fico. Un grillino. Seguito a ruota da Luigi Di Maio. Un altro grillino. Subito si è scatenata la caccia ai nomi che ancora perdura. Una retorica populista (altro che Salvini!) che non si vedeva dai tempi dell’anti-casta. Parliamo di 3000 euro (basta fare 600 euro per cinque parlamentari che le hanno ottenute) che per una ragione etica non dovevano essere richieste ma sono state chieste perché una legge fatta male lo consentiva. Basterebbe confrontare il conto con le spese per gli Stati Generali voluti dal governo in una villa patrizia della Capitale per far capire che c’è qualcosa che stride con la logica.
Sparito il tema dei verbali secretati
Di cosa si parlava prima che la vituperata “pancia” del Paese si mettesse a gorgogliare per il poraccismo dei furbetti del bonus? Bè si discuteva di verbali secretati, di zone rosse non fatte o fatte troppo tardi, di lockdown estesi a tutto il paese mentre gli scienziati chiamati dal governo suggerivano solo chiusure mirate senza sigillare l’intera nazione. Il tema non è ozioso: il confinamento totale in tutte le regioni quanto ha pesato sull’economia? Più o meno di 3000 euro? Sicuramente qualcosa di più…
Sparito anche il tema degli sbarchi
Ma attenzione: si parlava anche di sbarchi continui, di migranti positivi, di regioni come la Basilicata che era Covid free e che è diventata invece nuovamente terra infettata per l’arrivo di tunisini a loro volta infetti e che non scappano da nessuna guerra.
Due temi che il governo non poteva dominare né gestire. Che rischiavano di diventare incontrollabili e di appannare la credibilità di un premier che si atteggia a salvatore della Patria. Due temi, ancora, che mettono a nudo le contraddizioni di una maggioranza coesa come un vaso frantumato rimesso insieme con lo sputo. Un vaso che però non può e non deve cedere anche se il Pd pensa allo ius soli mentre Di Maio parla come Meloni e Salvini sui migranti.
La campagna parte dal’Inps
Ecco allora questa bella campagna ferragostana sui furbetti del bonus. Cui si è accodata tutta la stampa che conta. I fogli da “terrazza”. Quelli che si leggono a Capalbio.
Una campagna che parte dall’Inps. E l’Inps, ricorda Alessandro Sallusti, “non è uno spettatore neutro della partita politica, è un attore al servizio del governo, che per di più nel film Covid ha recitato una pessima parte, dando prova di non essere all’altezza del ruolo, per esempio nell’erogazione della cassa integrazione. Possibile quindi che la decisione di rendere noto il misfatto faccia parte di un regolamento di conti che poco ha a che fare con la morale, e il fatto che Di Maio sia stato il più lesto a saltare sullo scandalo è un indizio in tal senso”. Sallusti, ancora, attribuisce l’intera operazione alla regia del duo Casalino-Tridico.
Perché l’Inps ha indagato su domande conformi alla legge?
L’Inps, non dimentichiamolo, è l’Inps di Pasquale Tridico. Prima uomo della grande inefficienza per i tanti restati senza cig durante i mesi del lockdown, ora uomo della grande moralizzazione pubblica. Francesco Storace, sul Tempo, pone a Tridico qualche domanda più che sensata: “Qual è il motivo per cui Tridico ha affidato alla direzione che si occupa di frodi il mandato a verificare domande che risultavano comunque conformi alla legge? L’Inps ha la delega al controllo dell’etica? Gli errori – stupidi, grossolani, arroganti – di certa politica li valuta l’istituto di Tridico?”.
Ancora, Storace fa notare che “quando si scoprirono i nomi degli ex brigatisti rossi percettori del reddito di cittadinanza, l’allora direttore del Lazio, Fabio Vitale, fu spedito nelle Marche”. Fu punito, perché il reddito di cittadinanza doveva risultare come la spada vindice con cui il M5S aveva vinto la povertà. Mentre oggi infierire sulla casta va a tutto vantaggio dei grillini in caduta libera di consensi e li aiuterà nel prossimo referendum sul taglio dei parlamentari.
Ora la manovra appare più logica, dotata di un senso e persino di una strategia politica, la vecchia e antica soluzione cui si ricorre sempre quando i poteri traballano: alzare polveroni, dare in pasto agli italiani un nemico, arrivare a settembre su quest’onda per poi magari tenere tutti zitti e buoni con la paura della seconda ondata.