Il governo anti imprese umilia le partite Iva: c’è chi sta peggio di loro
Ormai è guerra aperta alle imprese e alle partite Iva. Non si comprende dove il governo voglia andare a parare, ma le dichiarazioni dei suoi rappresentanti fanno rabbrividire e dalle loro parole traspaiono un astio e un rancore inspiegabili nei confronti di quelle categorie economiche che tengono letteralmente in piedi quel che resta di questo Paese.
Dopo l’infelice uscita della vice ministra grillina all’Economia Laura Castelli, che su Raidue, parlando delle misure a sostegno delle imprese, ha offeso i ristoratori invitandoli a cambiare mestiere se la clientela non affolla più i loro locali, ieri è stato il turno dell’altro vice ministro all’Economia, il piddino Antonio Misiani. In un’intervista su La Stampa, Misiani ha parlato del mancato rinvio delle scadenze fiscali, che ha provocato la protesta delle partite Iva e dell’opposizione e la minaccia di sciopero dei commercialisti. «In questo Paese bisogna anche iniziare a dire che le imposte vanno pagate perché servono a finanziare i servizi essenziali ha detto -. E non credo che le partite Iva stiano peggio degli altri. Abbiamo già concesso rinvii, aiuti e sgravi, dunque presentarci come arcigni nemici dei contribuenti è una caricatura. Ed è chiaramente strumentale da parte delle opposizioni».
Parole pesanti che hanno scatenato reazioni furenti nei partiti d’opposizione ma anche nella maggioranza di governo. «Dopo la scemenza del viceministro Castelli sui ristoratori oggi è la volta di Misiani – attacca Galeazzo Bignami, deputato di Fratelli d’Italia -. Dichiarazioni gravi che dimostrano l’odio e la mancanza di rispetto di questo governo verso chi produce e campa del proprio lavoro. Forse, il sottosegretario dimentica che per tre mesi le partite Iva non hanno potuto emettere neanche una fattura a causa dei decreti del suo governo». «Le parole del viceministro Misiani nascondono il solito pregiudizio ideologico per cui i professionisti non meritano attenzioni particolari», ha affermato, in una nota, Mara Carfagna, vicepresidente della Camera e deputata di Forza Italia. «Le partite Iva soffrono precarietà e scarse tutele, altro che privilegi». «Le parole di Misiani lasciano allibiti – ha detto Mariastella Gelmini capogruppo di Forza Italia alla Camera -. Alle partite Iva sono arrivati spiccioli di aiuti. Turismo, automotive, pubblici esercizi, moda, sono stati abbandonati a loro stessi. Ma del governo di quale Paese fa parte Misiani?».
Pure dai banchi del governo partono pesanti critiche alle parole di Misiani. «Le tasse vanno pagate. Ma non dimentichiamoci che moltissime attività sono state ferme senza fatturare un euro per mesi. Proroga non significa esenzione. Significa dare un po’ di respiro ai lavoratori oppressi da questi terribili mesi. Dovrebbe saperlo, il viceministro al Mef…», ha twittato Marco Di Maio, deputato renziano. Più indignato il suo collega di partito Davide Faraone: «Ed eccolo qui, Antonio Misiani, il vice ministro all’Economia dilettarsi a trasformare una questione vera, drammatica, inedita, nel linguaggio più banale e più pericoloso che c’è: la neolingua del populismo». Anche nel Pd c’è chi non ha gradito, come il deputato Matteo Orfini: «Eccome se le partite Iva stanno peggio di altri – ha detto -. Su tante categorie abbiamo agito con tempestività. Sugli autonomi c’è ancora molto da fare. Negarlo è un errore, riconoscerlo è un dovere. Cercheremo in parlamento di colmare al più presto le lacune».
Al di là dell’indignazione, le parole di Misiani lasciano perplessi per un altro motivo: il suo curriculum. Bergamasco doc, laureato alla Bocconi, impegnato da anni nei centri studi sull’autonomia fiscale, con questa sparata sembra andare contro la sua stessa storia politica e personale. Ma c’è un motivo nell’atteggiarsi a grillino anti nordista: la poltrona da conservare. E così il governo, rintanato nella sua torre d’avorio, se la prende con chi produce e non è assistito. D’altronde, imprese e partite Iva protestano. E i sovrani non gradiscono le contestazioni. Sembra di sentir risonare la frase «se non hanno pane, che mangino brioche», attribuita alla regina Maria Antonietta. Insomma, una sorta di disprezzo verso chi, becero e ignorante, non comprende l’alto e divino compito di governare. Per l’interesse di tutti, ma prima di tutto per il loro.
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