Coronavirus, Paolo Becchi a Giulio Tarro: “La grande menzogna sulla seconda ondata. Immunità di gregge? Siamo vicini”
Paolo Becchi – “Libero” ha pubblicato il 6 luglio una sua intervista che ha avuto molta diffusione. Vogliamo in questa nuova intervista sviluppare alcuni temi, considerato che ora si parla di un possibile prolungamento dello stato di emergenza, cosa che costituirebbe un unicum in tutta Europa – peraltro, giusto ieri sono state registrate solo tre vittime legate al virus, il numero più basso da febbraio. Con la conseguenza tra l’altro di trasformare milioni di italiani in ipocondriaci che per scongiurare il pericolo sono disposti a subire umilianti vessazioni e a additare come untore chiunque non indossi anche ad agosto la mascherina o beva un aperitivo con gli amici.
Giulio Tarro – È proprio così. Con tutte queste paure stanno tra l’altro indebolendo il sistema immunitario di una intera popolazione. Ma mi lasci aggiungere una cosa. Sono loro che dovrebbero aver paura di una cosa, vale a dire che si scopra che i contagiati in Italia (molti asintomatici) sono decine di milioni, e per questo oggi moltiplicano i tamponi che risultano quasi tutti negativi. Questo non significa che tante persone non siano mai state contagiate, ma che le persone sono nel frattempo guarite..
B. Decine di milioni di contagiati in Italia?
T. A fine marzo veniva pubblicato sul “Corriere della Sera” uno studio di Luca Foresti e Claudio Cancelli secondo il quale gli italiani contagiati dal virus sarebbero stati almeno 11 milioni e 200 mila. Uno studio dell’Università di Oxford stimava tra il 60% e il 64% di popolazione italiana contagiata dal Covid-19 a fine marzo, mentre l’Imperial College ipotizzava almeno 6 milioni di contagiati in Italia. Allora eravamo a metà della curva gaussiana dell’epidemia, pertanto alla fine della stessa possiamo considerare il numero dei contagiati addirittura raddoppiati.
B. Questo dovrebbe far pensare al fatto che ci stiamo avvicinando alla cosiddetta “immunità di gregge”. Invece di puntare su un rapido ripristino della normalità, qualcuno farnetica di un “catastrofico ritorno dell’epidemia” – e si stanno predisponendo nuove “misure profilattiche” come l’obbligo della vaccinazione antinfluenzale o della mascherina a scuola. Cosa ne pensa?
T. Sono cose insensate. Nel campo della salute dovrebbero prevalere i diritti e non gli obblighi. Un generico vaccino influenzale in questo caso non solo è inutile, ma potrebbe rivelarsi dannoso. Me lo lasci dire con chiarezza: non dobbiamo temere una “seconda ondata” perché non ci sarà. Altri Paesi già sono in fase inoltrata con riaperture significative. Noi, invece, proibiamo ancora troppe cose. Stanno davvero esagerando al governo, continuando così porteranno in autunno il Paese alla rovina. Beninteso, non una rovina dettata da una emergenza sanitaria che non esiste più, ma da una emergenza economica e sociale che mi pare venga ampiamente sottovalutata.
PRECAUZIONI A MONTE
B. A settembre dunque si potrà tornare a scuola? Poco si parla dell’università. Sarà possibile ritornare a lezioni in presenza e con quali precauzioni?
T. A settembre certamente si potrà tornare a scuola. Hanno già riaperto tutti, non capisco perché noi non dovremmo farlo in Italia. Il sole della stagione estiva ha abbattuto la dimensione del contagio, come avevo previsto. Con intelligenza e buon senso bisogna riaprire le scuole senza necessità di utilizzare le mascherine la cui funzione era prevista per la loro utilizzazione dai soggetti infetti per evitare ulteriore spargimento del virus, e ovviamente dagli operatori sanitari, che possono avere contatto professionale anche con potenziali contagiati. Non è ammissibile che i bambini indossino le mascherine a scuola. Anche all’università si può tornare alle lezioni in presenza. Le precauzioni vanno fatte a monte e si basano sulla naturale battaglia, sempre effettuata per le malattie infettive, che prevede l’isolamento dei soggetti infetti.
B. E sull’uso della mascherina in questi mesi estivi?
T. Le mascherine in estate non vanno utilizzate, diventano nocive perché inducono ipercapnia, cioè aumento pericoloso dell’anidrite carbonica. Vorrei dare da medico un consiglio generale. Dobbiamo staccare la spina a una informazione ansiogena e ipocritamente intrisa di appelli a “non farsi prendere dal panico”. Quasi nessuno ci dice che se non ci ammaliamo è grazie al nostro sistema immunitario, il quale può essere compromesso – oltre che da una inadeguata alimentazione e da uno sbagliato stile di vita – dallo stress, che può nascere anche dall’attenzione verso notizie allarmanti.
B. Il disgraziato campionato di calcio finisce il 2 agosto. Si potrebbero aprire gli stadi almeno quel giorno e in quali condizioni?
T. Dopo i festeggiamenti dei tifosi napoletani per la vittoria della Coppa Italia, a cui non è seguito un solo caso di contagio, si è dimostrato ancora una volta che il virus non è più in circolazione in Italia. Sappiamo che ultimi casi italiani derivano da soggetti che vengono dall’estero oppure da italiani infetti rimpatriati. Ritengo che si possa ritornare allo stadio da subito magari rispettando il metro di distanza, per essere se si vuole estremamente prudenti, anche se allo stato attuale lo ritengo del tutto inutile.
B. Intanto però si discute addirittura il prolungamento dello stato d’emergenza. Anche se gli organi di informazione poco ne parlano, l’immigrazione clandestina è ripresa. Non è che il virus ormai internamente sotto controllo possa riprendere forza perché importato?
T. Qui un problema in effetti sussiste. In Italia l’era Covid è finita, a meno che non si importino nuovi ceppi dall’estero. I nuovi casi sono legati a una provenienza estera come i bulgari di Mondragone, i viaggiatori dal Bangladesh e i nostri commercianti che rientrano da Croazia e Slovenia già contagiati. Adesso si pone anche il problema della immigrazione clandestina. Il virus non prende forza perché importato, ma per la sua presenza sul territorio, una presenza capace di essere causa di ulteriore fonte di contagio. Questa situazione va certo tenuta sotto controllo.
NULLA DI ALLARMANTE
B. Torniamo al prolungamento dello stato di emergenza. Su quali fondamenti scientifici si basa questa idea?
T. Per la verità me lo chiedo anch’ io. È risaputo che in Germania, subito dopo l’inizio della fase 2, il famoso fattore RO era salito a 1. Si tratta di un valore comunque basso. II fatto che RO sia 1, vuol dire che una persona ne contagia un’altra. Ma questo è un discorso che vale nel momento di massima diffusività del virus.
B. Lei parla del fattore RO, ma da noi l’Istituto Superiore di Sanità parla del fattore RT. E sulla base di questo fattore superiore in alcune regioni a 1 si sostiene la necessità di prolungare l’emergenza. Ci può spiegare le differenze tra RO e RT?
T. RO rappresenta il cosiddetto numero di riproduzione di base, numero medio di infezioni secondarie causate da ogni contagiato in una popolazione mai venuta in contatto con un determinato patogeno, nel nostro caso il Covid-19. Nel caso in cui RO sia pari a 1, significa che un singolo malato potrà infettare una persona, se invece è uguale a 2 ne contagerà 2 e così via. Maggiore è il valore di RO, tanto più elevato è il rischio di diffusione dell’agente infettivo. RT indica il numero medio di infezioni causate da una persona infetta: meno di 1 significa che le nuove infezioni tendono a scendere, maggiore di 1 indica ad aumentare.
B. Una conclusione secca?
T. Non vedo nulla di allarmante sotto il profilo sanitario se l’indice RT è di poco superiore a 1. Glustificare l’eventuale prolungamento dello stato di emergenza sulla base questo criterio sarebbe sbagliato. Da virologo con una certa esperienza, mi sento di poter affermare che in realtà oggi non c’è alcuna ragione sanitaria per prolungare lo stato di emergenza.