Perché i maiali ci fanno paura: così fanno “esplodere” il virus
Unnuovo virus isolato in Cina potrebbe diventare una minaccia, scatenando una pandemia globale.
È stato chiamato G4EA H1N1 e unisce un ceppo trovato negli uccelli europei e asiatici, quello dell’influenza suina (H1N1), che ha causato la pandemia del 2009 e uno dell’H1N1 nordamericano che ha diversi geni dal virus dell’influenza aviaria, umana e suina. Gli scienziati hanno scoperto il nuovo ceppo nei maiali di diversi allevamenti, tanto da identificarlo come “predominante nelle popolazioni suine dal 2016”.
I maiali fanno paura
I virus influenzali, come quello che ha scatenato la pandemia da H1N1 e quello appena scoperto, sono centinaia e, come spiega all’Agi Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igm), “trovano negli uccelli migratori acquatici il loro principale serbatoio naturale”. Ma, per passare a l’uomo è necessario “un incubatore, ovvero una specie intermedia in cui avviene il rimescolamento genetico grazie al quale il virus è in grado di trasmettersi all’uomo”.
E uno degli animali che si è prestato ad essere l’ospite intermedio tra virus zoologici e umani è stato, nella storia, il maiale. Questo perché i suini, oltre ai patogeni della propria specie, possiedono virus aviari e umani. Come ha spiegato ad AdnKronos, il virologo Giorgio Palù, presidente delle società italiana ed europea di virologia, i maiali “hanno caratteristiche peculiari perché hanno recettori dell’influenza sia per i virus aviari sia per quelli umani” e funzionano come “una sorta ‘provetta’ in grado di mescolare i virus dell’uomo e degli uccelli”, dando origine a nuovi patogeni. “Quello che avviene- aggiunge Maga- è un rimescolamento nei geni degli agenti patogeni, per cui si producono quelli che vengono definiti riassortanti, cioè nuovi virus che occasionalmente possono passare all’uomo. Per questo i ricercatori inglesi si sono posti il problema di verificare se in questi anni H1N1, che è oggi in circolazione come virus influenzale stagionale, avesse subito dei rimescolamenti”.
Lo studio, che ha raccolto i dati in vari allevamenti, ha permesso di individuare diversi ceppi virali che mostrano il rimescolamento dei geni. Tra questi, c’era anche il G4, considerato predominante. “Il gruppo di ricerca- spiega Maga- ha inoltre utilizzato una coltura per dimostrare che G4 ha la capacità di riconoscere i recettori dell’organismo umano e di replicarsi all’interno delle cellule umane”. Per questo, il G4EA H1N1 viene considerato in grado di trasmettersi all’organismo umano”.
Il problema degli allevamenti
A mettere in guardia sui rischio dello sviluppo di nuove pandemie è il virologo Giorgio Palù, che mette l’accento sul problema degli allevamenti, in particolare su quelli dei maiali. Secondo l’esperto, è necessario “evitare modifiche incontrollate di nicchie ecologiche: modifiche che danno spazio alla nascita di nuovi virus, la forma di vita più diffusa sul pianeta”. Per questo, chiede a gran voce all’Organizzazione mondiale della sanità di promuovere “regole chiare e sorveglianza per tutti gli allevamenti, in particolare quelli di maiali”. In Cina, spiega Palù, “ci sono grandi allevamenti intensivi di maiali. E molte volte queste strutture si trovano ai bordi delle risaie, dove trasmigrano le anatre, che spesso sono portatrici del virus influenzale”. Un dettaglio importante, data la capacità dei maiali di assorbire i virus dei volatili e degli uomini, rischiando di mescolarli.
Regole stringenti sono necessarie, a causa delle azioni umane: “Stiamo modificando il pianeta – spiega ancora Palù -abbattiamo le foreste facendo sì che i pipistrelli non infettino solo gli animali selvatici ma vengano addirittura nelle nostre case, come è avvenuto con Ebola in Africa, con lSars-Cov-1 e Sars-Cov-2. E in diversi altri casi. Modifichiamo il pianeta non solo a livello del clima, deforestando e con globalizzazione di persone e merci, ma anche cambiando le nicchie ecologiche o con coltivazioni massive di animali esposti a tutto”. Prorpio per questo, “l’Oms dovrebbe far sì che tutti i Paesi possano applicare le regole di prevenzione che conosciamo bene da tempo. Come non permettere allevamenti di maiali vicino alle risaie, o il consumo di animali selvatici. E anche imporre la sorveglianza costante degli allevamenti”.
Lo studio, a detta di Maga, rappresenta “un campanello d’allarme”. Infatti, la presenza di virus potenzialemente pandemici negli animali e nei suini in particolare, ha causato 5 pandemie influenzali dalla fine dell’800 fino ad oggi: “L’ultima del 2009 non ha avuto conseguenze particolarmente gravi, ma è assolutamente imprevedibile cosa potrebbe accadere con la prossima”. Ma, specificano gli esperti, manca ancora un gradino per la diffusione, cioè la trasmissione da uomo a uomo. E “la probabilità che questa particolare variante causi una pandemia è bassa“, tanto che lo studio è stato definito un “gioco di ipotesi”.
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