Donald Trump contro il “fascismo degli antifascisti”
La furia ideologica politically correct che ha preso di mira le statue e i monumenti in moltissime città statunitensi (e anche in europa), esplosa dopo la morta di George Floyd, ora si scaglia contro uno dei simboli più iconici e amati dagli americani: il Monte Rushmore. Anche il monumento nazionale che raffigura quattro presidenti Usa, infatti, è entrato nella lista delle opere che rappresentano un passato di soprusi ai danni delle minoranze: una storia che i politicamente corretti vogliono che venga cancellata, spazzata via, come nei peggiori futuri distopici già raccontati da George Orwell in 1984. Il Presidente Donald Trump è pronto però a opporsi, dopo aver già autorizzato il governo federale ad arrestare chiunque vandalizzi o distrugga un monumento, una statua o una proprietà federale negli Usa.
Trump: “Quello di sinistra è un nuovo fascismo”
“Questo attacco alla nostra libertà deve finire e sarà fermato”, ha avvertito il tycoon, citato dall’agenzia stampa Agi. “Nelle nostre scuole, nelle nostre redazioni e perfino nelle nostre sale riunioni, c’è un nuovo fascismo di estrema sinistra ed è per questo – ha detto – che sto dispiegando forze dell’ordine per proteggere i nostri monumenti, arrestare i rivoltosi, e perseguire chi viola la legge”.Il presidente si è scagliato contro coloro che “vogliono distruggere la nostra storia” e “dividere il paese”, ovvero i democratici e coloro che praticano la “cancel culture”. Anche la governatrice dello Stato, Kristi Noem, è intervenuta contro la guerra alle statue definendola un atto “deliberato” per distruggere i principi fondanti degli Usa. “Non cancelliamo la storia, impariamo dalla storia”, ha esortato. Accompagnato dalla first lady Melania, nelle scorse ore Trump è stato accolto in South Dokata da alcuni manifestanti che hanno bloccato l’autostrada verso il Monte Rushmore e da una folla di circa 7.500 persone. E oggi, come spiega il Corriere della Sera, il presidente parlerà alla nazione nell’ambito delle celebrazioni per la festa dell’Indipendenza.
Come già rilevato su questa testata, gli attivisti cosiddetti “antirazzisti” e liberal che in queste ore stanno sfogando la propria frustrazione contro statue e monumenti in tutto l’Occidente non conoscono il significato della locuzione latina damnatio memoriae, ossia la “condanna della memoria”. Come riporta l’Enciclopedia Treccani, parliamo della condanna, che si decretava in Roma antica in casi gravissimi, per effetto della quale veniva cancellato ogni ricordo (ritratti, iscrizioni) dei personaggi colpiti da un tale decreto. Nel già citato 1984 di George Orwell quando un sovversivo viene fatto sparire dal partito, si applica la damnatio memoriae: viene cioè eliminato, da tutti i libri, i giornali, i film e così via, tutto ciò che si riferisca direttamente o indirettamente alla persona in oggetto. Citiamo un passaggio chiave del capolavoro di Orwell: “Ogni disco è stato distrutto o falsificato, ogni libro è stato riscritto, ogni immagine è stata ridipinta, ogni statua e ogni edificio è stato rinominato, ogni data è stata modificata. E il processo continua giorno per giorno e minuto per minuto. La storia si è fermata. Nulla esiste tranne il presente senza fine in cui il Partito ha sempre ragione”.
La furia politicamente corretta contro i simboli
Ma questa furia contro i simboli del passato non è affatto casuale, come ha ben spiegato Francesco Giubilei su Il Giornale. “I simboli – ha sottolineato Giubilei – come ci insegnano pensatori del calibro di Mircea Eliade o René Guénon, hanno una valenza particolare e sono alla base non solo di ogni civiltà tradizionale ma anche della religione cristiana”. Una vera e propria guerra che parte dalle statue, non ultima quella di Cristoforo Colombo, e che finisce per minare ogni tipo di costruzione storica e culturale, in una guerra in cui non vengono ammessi “contraddittorio o opinioni discordanti poiché assume il carattere dogmatico tipico delle rivoluzioni di matrice postilluminista”.
Gli americani contro la furia dei manifestanti
Secondo un sondaggio pubblicato da Rasmussen, il 75% degli intervistati non crede che il Monte Rushmore debba essere chiuso o modificato perché due dei quattro presidenti che onora – George Washington e Thomas Jefferson – erano proprietari di schiavi, contro il 17% che ritiene che l’iconico monumento nel South Dakota debba essere modificato. In generale, solo il 10% degli americani pensa che sia meglio cancellare le ingiustizie e gli sbagli del passato.
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