Chaz, il fallimento a tratti comico della comune antifa
Roma, 26 giu – È durato circa quindici giorni il sogno della CHAZ (Capitol Hill Autonomous Zone, la zona autonoma di Capitol Hill), la comune antifa del quartiere “chic” di Seattle nata dopo l’ondata di manifestazioni Black Lives Matter per la morte di George Floyd e che doveva, secondo i proclami degli organizzatori, abolire il razzismo e la polizia. Quindici giorni che di certo non verranno ricordati per i risultati rivoluzionari ottenuti ma che sicuramente resteranno a memoria eterna nei meme e nelle prese in giro da parte dei sostenitori di Trump o della cosiddetta Alt-Right americana che per due settimane hanno seguito con divertimento gli esilaranti scivoloni e i comici e continui fallimenti dei sediziosi, aggiornando quotidianamente sui social l’andamento della rivolta che i media main stream e democratici tenevano stranamente sotto traccia.
Ma andiamo con ordine. La autoproclamatasi zona autonoma nasce martedì 9 giugno quando, dopo una settimana di scontri contro la polizia che aveva l’assoluto divieto da parte del sindaco democratico Jenny Durkan di reagire, di usare lacrimogeni o di cercare di disperdere la folla, i manifestanti hanno occupato la centrale che era stata volontariamente abbandonata dalla polizia. Dopo aver delimitato Capitol Hill con le barricate era stata proclamata la zona autonoma che avrebbe dovuto rappresentare un modello di società utopica sognato dagli occupanti. Come ben immaginerete i problemi sono nati dal giorno dopo, visto che c’è stata molta tensione tra gli organizzatori su cosa rivendicare e cosa no. Ma molti dei problemi che hanno poi causato il collasso della comune hanno avuto tratti molto più comici che politici.
I leader della comune
Il primo problema è nato quando all’indomani della proclamazione uno dei leader della comune, una trans lesbica che si definisce sul suo profilo twitter (lauracouç, ora disattivato) un’anarchica che sogna l’abolizione del “whiteness” (ovvero l’essere bianchi), del capitalismo e della civiltà e che era diventata la portavoce social della CHAZ attraverso la sua pagina, è stata accusata da un gran numero di sue ex fidanzate di essere una “abusatrice seriale”.
Quando le accuse su twitter sono aumentate, “lauracouç” ha ammesso le sue colpe chiedendo scusa a tutti e scrivendo su twitter che avrebbe “posto fine alla sua vita in modo che nessun altro avrebbe sofferto”. Pochi minuti dopo il tweet “Addio a tutti, mi dispiace” sembrava davvero annunciare il suo suicidio. Il giorno dopo però tornava tranquillamente a twittare i proclami e gli annunci della CHAZ, come se nulla fosse.
Furti e gluten-free
In uno dei suoi primi tweet dopo la resurrezione virtuale chiedeva aiuto ai sostenitori affinché inviassero cibo a Capitol Hill poiché i senza tetto che erano stati invitati alla grande festa della comune avevano rubato tutto il cibo e se n’erano andati. All’appello sono seguite richieste per cibo vegan e gluten-free, ovviamente capisaldi del manifesto della comune, ma soprattutto una lista di materiali necessari per la rivoluzione che venivano chiesti ai sostenitori. Tra questi, oltre a “pantaloni da uomo” (ma quindi i generi esistono?) spiccavano lozioni per il corpo, sigarette, accendini, gatorade e bevande energizzanti, occhiali da sole. Questo succedeva mentre il sindaco entrava in polemica con il presidente Trump rifiutandosi di intervenire per liberare la zona poiché si trattava di una manifestazione pacifica e dai climi festaioli. Clima che ben presto è cambiato. Video testimonianti risse e bagarre tra manifestanti hanno iniziato a girare quotidianamente, così come segnalazioni di sparatorie e stupri.
Armi e pizzo
Soprattutto, vista l’assenza della polizia e di gestione della comune, sembra che Raz Simone, un rapper afroamericano con il classico passato da gangster di strada, abbia imbracciato un fucile da guerra e messo in piedi una milizia autoproclamandosi massima autorità del CHAZ per poi chiedere il pizzo ai manifestanti. Immediata la risposta della pagina Antifa Seattle che ha chiesto “più gente armata nel Chaz”.
Non male per chi chiede l’abolizione del secondo emendamento. Dopo Raz Simone è stata la volta di Phoenix Jones, un ex vigilante mascherato afroamericano che per l’occasione ha rimesso il costume per diventare un “supercattivo” che ha iniziato a picchiare gli abitanti di Capitol Hill (sembra una storia tie-in di un fumetto Marvel o DC ma è vero). Nel caos totale c’è stata anche un’emergenza incendi visto che dare fuoco ai cassonetti aveva iniziato a diventare il passatempo preferito dei rivoltosi che evidentemente non avevano calcolato l’effetto collaterale del fuoco che dilaga, tanto che a un certo punto gli organizzatori che sognavano un mondo senza polizia hanno chiamato il 911, ovvero la polizia, per intervenire a domare gli incendi.
Il CHAZ diventa CHOP
Nel frattempo, vista la scarsità di cibo, gli abitanti della comune hanno iniziato a coltivare il loro orto che avrebbe garantito frutta e verdura per un futuro prolifico e vegan. Su internet è pieno di foto dell’orto semi-carbonizzato, con piantine ancora nei vasetti del supermercato che vengono appoggiate sulla terra invece di essere piantate o di improbabili danze della pioggia fatte da derelitti palesemente sotto acidi. E mentre un ragazzo moriva in seguito a una sparatoria e gli organizzatori contestavano alla polizia di non essere intervenuti in tempo in una zona nata contro la polizia e che voleva un mondo senza polizia, la CHAZ ha cambiato nome in CHOP. A Capitol Hill non c’era più una “zona autonoma” (visto che l’orto era miseramente fallito e che i manifestanti avevano dovuto optare per la lista della spesa a chi veniva da fuori per sopravvivere) ma una “protesta organizzata”. E sempre la polizia è stata invocata dal sindaco Durkan il 16 giugno, quando i gruppi di motociclisti Hell’s Angels e Mongols, il cui solo annuncio di presenza aveva fatto desistere gli antifa a manifestare a Placerville in California, avevano dichiarato di voler marciare verso Seattle per liberarla dal CHAZ (o CHOP). Ovviamente il sindaco chiedeva alla polizia di difendere la comune nata contro la polizia.
In fuga su internet
I disordini sono continuati anche nei giorni successivi, come dimostra il video di Oogesa Taro, un militante antifa giapponese appositamente venuto dalla terra del Sol Levante per raccontare le meraviglie dell’utopica comune americana. Taro è stato picchiato da balordi e sciacalli oramai liberi di imperversare per Capitol Hill grazie all’assenza di polizia e di organizzazione ed è stato costretto a scappare. E arriviamo alla giornata di ieri, quando la figura materna del sindaco Durkan, dopo aver coccolato i giovani ribelli palesemente contro il sistema, ha testualmente ordinato “è tempo di tornare a casa”. Troppi i disordini e soprattutto troppi i danni economici in Capitol Hill che, ricordiamo, è la zona trendy e chic dei locali di Seattle. Immediata l’obbedienza dei figliocci. Che come in un testamento politico, unico possibile dopo i risultati del CHAZ, hanno dichiarato “è ora il tempo dell’attivismo virtuale”. Sicuramente gli riuscirà meglio di quello reale.
Carlomanno Adinolfi