Immuni fa la prima “prigioniera”: “Io, sana e costretta alla quarantena. E nessuno mi fa il tampone”
Bari, 20 giu – Si stanno puntualmente verificando alcune delle criticità sulla app Immuni sollevate nei mesi scorsi dagli esperti: il rischio, cioè, dei «falsi positivi» e l’assoluta necessità di integrare l’applicazione con un utilizzo a tappeto ed immediato dei tamponi. Così è successo a Bari, dove una sfortunata signora di 63anni è ora costretta alla quarantena per il presunto contatto con un soggetto positivo al Covid-19 segnalato da «Immuni». «Mi hanno messa ai domiciliari senza una ragione», si sfoga sulle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno. Si perché come da prassi, la Asl le ha imposto l’isolamento preventivo per 2 settimane.
«La mia colpa? Aver scaricato la app Immuni, aver avuto senso civico», racconta la donna. «Sono stata un paio d’ore al mare osservando il distanziamento interpersonale. In serata io e mio marito siamo andati a cena con parenti, sempre osservando le norme di sicurezza, a partire dall’uso delle mascherine nei casi previsti. Domenica mattina sono stata un’oretta al mare, in un punto di litorale non affollato, in compagnia di mia cugina, prima di lasciare la villa e rientrare a casa in città per il pranzo». Ma è stato durante il pomeriggio che la signora ha ricevuto l’alert della applicazione, con un codice da comunicare al medico di base, il quale il giorno dopo, come da protocollo ha contattato la Asl. Che attraverso una mail e una telefonata del Dipartimento di prevenzione, ha dato il via ai 15 giorni di quarantena.
A nulla sono valse le proteste della donna, che ha chiesto di poter verificare il proprio stato di salute attraverso un tampone o un sierologico. Per lei solo silenzio e porte in faccia. La 63enne è sicura di non essere stata contagiata. «È impossibile per una serie di ragioni oggettive». Innanzitutto «Va premesso che la app segnala i “potenziali” contatti a rischio coi quali si è stati a distanza ravvicinata per 15 minuti nelle 24 ore precedenti all’invio dell’allerta. Ebbene, in spiaggia io e mia cugina siamo state distanti dagli altri; a cena con i parenti abbiamo utilizzato i dispositivi di protezione e osservato le norme di igiene. Non solo, tagliamo la testa al toro: mia cugina e gli altri miei parenti non hanno scaricato l’applicazione e quindi non possono essere “sospettati”. E, per giunta, il bollettino della Regione venerdì e sabato segnalava zero casi in provincia di Bari».
Peraltro il marito e la figlia della signora, dovendo eseguire una serie di esami diagnostici, si erano sottoposti al tampone, risultando negativi, qualche giorno prima. «Non riesco a tollerare questa limitazione della libertà – spiega la signora – pensavo di vivere in uno Stato democratico non in Corea del Nord. Sono agli arresti, ma senza aver avuto nemmeno diritto a un regolare processo. Anche se sto benissimo, andrò a fare il tampone privatamente, visto che il servizio sanitario pubblico me lo nega. Eppure dalla Regione sento ripetere che la gestione dell’emergenza è stata ed è fantastica. Che i casi di contagio sono a zero, che la app Immuni non ne ha segnalato nessuno. E il mio caso allora?». Una cosa è sicura, la signora ne ha fin sopra i capelli di Immuni: «Ah no guardi, l’esperienza mi è bastata: l’ho disinstallata e ho consigliato a parenti e amici di fare altrettanto».
Cristina Gauri