La sinistra regalò il quartiere agli immigrati. E la città vuole l’esercito
Le città vanno conosciute, vissute. Magari pure studiate nella loro storia. I quartieri, i parchi, le zone si trasformano in base a chi le abita e a chi le frequenta. Una banalità? Forse. Ma è la pura verità.
Perugia e i perugini lo sanno bene: Fontivegge, quartiere “difficile” che ingloba la stazione ferroviaria, è il simbolo di una mala gestione che viene da lontano e che nel tempo ha finito col “regalare la zona alle bande di criminali stranieri”.
Lo dicono le cronache e i racconti dei residenti. “Il vero problema è la convivenza con gli extracomunitari”, sentenzia sicuro Giulietto Albioni. “Io qui ci abito da tanti anni e ho visto di tutto: gli scippi, le aggressioni, gli accoltellamenti”. Una lunga lista. A fine settembre un omicidio riaccende i fari sul quartiere: un giovane tunisino viene ammazzato vicino all’ufficio delle poste. Le forze dell’ordine trovano il corpo esanime abbandonato in un parcheggio e immerso in una pozza di sangue. Ad ucciderlo a coltellate un connazionale dopo una lite per una dose di cocaina.
È la droga il vero cancro di Fontivegge. Non che sia una novità: negli anni passati Perugia era diventata tristemente nota come capitale delle morti per overdose e ancora oggi attorno alla stazione si concentra il traffico di stupefacenti in mano agli immigrati. Anche la questura lo sa, per carità. Ma non è facile chiudere tutte le maglie se la giustizia in poche ore toglie le manette dai polsi dei pusher appena arrestati. “Qui regnano tunisini, nigeriani e ecuadoregni – spiega un agente della Polfer – si bucano nel sottopasso della stazione, spacciano dove vogliono. Alcuni colleghi faticano a farsi valere perché i criminali si sentono impuniti”. Il presidio della polizia Ferroviaria conta 16 agenti ma tra malattie, corsi di aggiornamento e prepensionamenti vari gli operativi sono circa 8. Impossibile coprire tutte le ore. Perugia, l’esercito contro gli immigratiPubblica sul tuo sito
Inutile nascondersi dietro un dito: l’insicurezza provoca timore. Non è un caso se diversi palazzi, residenti e commercianti sono stati costretti a dotarsi di un servizio di portierato molto più simile ad una security privata che al classico addetto al ritiro della posta. C’è chi ha “moglie e figlia” paralizzate dalla “paura” e chi, come Lorenzo Brunetti, è stato accolto sotto casa a bottigliate.
Il degrado è il frutto di una sorta di guerra tra bande di spacciatori. “Si litigano i clienti, si litigano gli spazi, si prendono a coltellate e bottigliate”, spiega una fonte anonima. “Nei periodi in cui hanno pochi clienti si dedicano a furti, rapine e scippi. È gente abituata a non avere una fissa dimora”. Quindi bivaccano e producono abbandono. Un esempio? Dietro la stazione due palazzine sono diventate il regno di nessuno. Una rete divelta delimita un’area disseminata di portafogli rubati, abiti stracciati, dosi mezze consumate di eroina, cocaina e siringhe sporche di sangue. Delle due palazzine, solo una ha porte e finestre murate per evitare intrusioni indesiderate. L’altra è alla mercé di chiunque. Balordi e criminali dormono in due garage traboccanti di spazzatura: “Una volta li abbiamo trovati addormentati in mezzo alle pantegane – spiega un’altra fonte – Quando si sono svegliati hanno messo i piedi in una melma di acqua e escrementi di piccione”.
Sia chiaro: i dati dimostrano che la propensione a commettere reati a Perugia, e in particolare a Fontivegge, è calata. Lo dicono i numeri forniti dalla questura. Il sindaco Andrea Romizi (Forza Italia), la sua giunta e le forze dell’ordine hanno fatto i salti mortali. “I vecchi sindaci di sinistra hanno sempre permesso l’ingresso di ogni tipo di personaggi in nome dell’accoglienza”, accusa Domenico Manzo, residente ed ex ispettore di polizia, ribadendo un concetto condiviso negli stessi termini da molti concittadini. “Le giunte passate facevano finta che il problema non esistesse – attacca l’assessore all’urbanistica, Michele Fioroni – lasciandoci in eredità una situazione esplosiva cui abbiamo iniziato a porre rimedio”. Ma in soli quattro anni non si devìa certo il corso di un fiume in piena che procede da 70 ininterrotti anni di centrosinistra.
Ecco perché il comitato di quartiere chiede a gran voce l’istituzione di un presidio fisso delle forze dell’ordine. Meglio se con le camionette dell’esercito. Per il questore Giuseppe Bisogno “non è necessario”, ma il sottosegretario all’Interno Stefano Candiani si dice favorevole. I cittadini (e il Comune) vogliono risposte. “Che sia un posto di polizia o l’esercito – dice il sindaco – quello che chiediamo è che vi sia un presidio permanente per tornare a vivere quell’area nella massima tranquillità”. E liberarla del tutto dal degrado che l’attanaglia.
Fonte: IlGiornale