Finale di Coppa: inno sbagliato e pugno chiuso. L’oltraggio all’Italia di Sergio Sylvestre (Video)
Roma, 18 giu – Ha detto bene Daniele Capezzone, ultimamente senza dubbio più lucido che negli anni passati: “Ieri sera un Sergio Sylvestre destinato a diventare idolo delle sardine ha saltato molte parole dell’inno nazionale, alzato un pugno chiuso, gridato minacciosamente ‘No justice, no peace’. Già che c’era poteva recarsi al vicino Stadio dei Marmi e sfregiare un po’ di statue”. Per i non amanti del calcio è bene contestualizzare: ieri sera in uno Stadio Olimpico deserto causa norme anti Covid-19, si è giocata la finale di Coppa Italia vinta dal Napoli contro la Juventus ai calci di rigore.
Ridateci la banda dei carabinieri
Il trofeo nazionale già sfregiato nel nome per ragioni di sponsor (ora si chiama Coppa Italia Coca-Cola), da una decina d’anni – per scopiazzare male la finale del Superbowl americano – subisce l’onta dell’esecuzione dell’Inno di Mameli ad opera di qualche cantante di seconda fascia. Al posto della una tradizionale banda di carabinieri con trombe e pennacchi ci siamo sorbiti le pregevolissime esecuzioni di artisti del calibro di Lorenzo Licitra o Malika Ayane. Quest’anno ovviamente la Figc non poteva lasciarsi sfuggire la possibilità di appecoronarsi alla vulgata antirazzista del Black lives matter e così ha pensato bene di far cantare l’Inno d’Italia al cantante più “afro” a disposizione. E così ecco che sbuca fuori Sergio Sylvestre, mezzo messicano e mezzo haitiano nato a Los Angeles, trasferitosi da qualche anno in Italia.
Chi meglio di lui per regalarci una performance imbarazzante? Note toppate e strofa dimenticata. E non contento lo spottone finale antirazzista col pugno chiuso. Il tutto appesantito dallo scenario disturbante dello stadio deserto. Spiace per il Napoli, ma a queste condizioni forse era meglio non giocare.
Davide Di Stefano