I carcerati scatenano le rivolte e nei guai finiscono gli agenti
Una rivolta in un carcere, con i detenuti che deridevano e sbeffeggiavano i poliziotti. E gli stessi poliziotti costretti a difendersi per placare gli animi, finendo nei guai con la giustizia.
È quanto successo a 44 agenti della polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta. Oggi la locale Procura li ha iscritti nel registro degli indagati, nell’ambito di un’indagine sulle presunte violenze avvenute il 5 e 6 aprile nell’istituto di pena durante le rivolte scatenate dai detenuti in piena emergenza coronavirus.
Questa mattina ci sono stati attimi di tensione tra carabinieri e agenti penitenziari davanti al carcere campano. Come riporta l’Agi, tutto è nato in seguito a un’operazione di polizia giudiziaria su ordine della locale Procura, proprio nell’ambito di questa indagine. Tra i reati ci sarebbe anche quello di tortura. Nella struttura erano presenti i vertici della Procura. A quanto si apprende, gli agenti hanno contestato le modalità di notifica.
Questo pomeriggio Matteo Salvini è giunto al carcere e ha sottolineato che “non si possono indagare e perquisire come criminali 44 servitori dello Stato”. Uscendo dalla struttura, il leader della Lega ha aggiunto che “qui c’è qualcuno che è indagato pur non essendo stato presente al lavoro il 5 e 6 aprile”. Salvini aveva tra le mani una copia della misura notificata ai poliziotti indagati.
La denuncia del Sippe
Il sindacato di polizia penitenziaria Sippe ha precisato in una nota quanto avvenuto stamattina all’ingresso dell’istituto di pena campano. Come riferisce il Sippe, gli agenti stavano entrando nel carcere per iniziare il servizio e “sarebbero stati fermati dai carabinieri per controlli e, addirittura, avrebbero sequestrato dei telefoni cellulari. Tutti i poliziotti sono usciti nel piazzale del carcere perché si sarebbero sentiti abbandonati dal comandante che sembra non esserci”.
Michele Vergale, dirigente nazionale del Sippe, ha evidenziato che i poliziotti penitenziari sarebbero stati offesi per il modo in cui sono stati trattati, visto che questa operazione sarebbe avvenuta alla presenza dei familiari dei detenuti.
“Durante il blocco – ha proseguito Vergale – non erano presenti sul posto nessun funzionario della polizia penitenziaria e neanche il direttore, giunti solo dopo il controllo quando i carabinieri sarebbero andati via”. Secondo il dirigente del Sippe, questo fatto avrebbe provocato la rabbia di molti agenti, i quali si sarebbero trovati di fronte a questa situazione, sentendosi abbandonati.
Vergale ha spiegato che, dopo il controllo, sembra siano arrivati anche dei magistrati. “Non è ancora chiaro – ha specificato Vergale – se trattasi di un’operazione di polizia oppure di un normale controllo del territorio. Si sarebbe registrata anche una fila chilometrica di auto e ritardi nell’iniziare un pubblico servizio della polizia penitenziaria”.
Il sostegno della politica
Come detto, Salvini ha visitato il carcere nel pomeriggio ed è stato accolto dagli applausi di un gruppo di agenti penitenziari. Il leader della Lega ha detto che “non esiste nè in cielo nè in terra, davanti ai parenti dei detenuti venire a perquisire dei poliziotti. Adesso vado dentro a capire. Per quello che mi riguarda – ha concluso l’ex ministro – visto le rivolte non è che le tranquillizzi con le margherite, pistole elettriche e videosorveglianza prima arrivano e meglio è per tutti”.
Anche Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e deputato di Fratelli d’Italia non ha fatto mancare il suo sostegno agli agenti. “La criminalità organizzata mesi fa ha messo a ferro e fuoco le carceri italiane – ha ricordato l’esponente di Fdi -, ma invece di individuare i responsabili e agire di conseguenza è accaduto che ad essere colpevolizzati siano stati gli agenti della Polizia Penitenziaria”.
il giornale.it