Gli affari sospetti del lobbista indagato amico di Palamara e vicino ai renziani
C’è una chiave di lettura, su Magistratopoli, che a qualcuno è sfuggita e che riconduce alla Toscana, terra di Renzi e di Lotti.
Fabrizio Centofanti, amico dell’ex premier, ovvero l’imprenditore indagato dalla Procura di Perugia nell’inchiesta al cui centro c’è l’ex membro del Csm Luca Palamara, è accusato di corruzione nell’ambito dell’indagine sulle cene organizzate per condizionare il Csm nelle nomine dei procuratori. Avrebbe regalato a Palamara viaggi e soggiorni in cambio di favori e al fine di veder accrescere la sua influenza in diversi ambiti, compreso quello giudiziario. Scavando nei rapporti dell’imprenditore con diversi personaggi si scopre qualcosa di anomalo. È il 2012 e il Ros dei carabinieri di Firenze effettua una perquisizione nello studio di Roma e nell’abitazione di Pozzuoli di Elio Della Corte, noto faccendiere e pluri-indagato per diversi reati. Le imputazioni sono quelle relative al caso della Ecogest. Grazie al suo inventarsi di essere facilitatore di rapporti con le pubbliche amministrazioni, più volte ha ottenuto somme in modo illecito, con cifre a sei zeri. Il sospetto è che in realtà «facesse parte di una rete coperta, forse collegata ad apparati deviati dello Stato, in grado di influenzare processi, sentenze, appalti» e che avesse rapporti con ambienti camorristici. Nel corso della perquisizione i carabinieri del Ros recuperarono due lettere di incarico, una del 2 maggio 2012 e una dell’11 aprile dello stesso anno, che portavano l’intestazione della Amt Real Estate Spa (Gruppo Acqua Pia Antica Marcia, un tempo facenti capo a Francesco Bellavista Caltagirone). La prima era firmata dall’amministratore unico Ignazio Stefano Pugliese Mongiò, che gli dava un incarico per 350mila euro più Iva, la seconda firmata da Centofanti in qualità di consigliere delegato affari legali e istituzionali, con cui si chiedeva a Della Corte, per 25mila euro, di studiare i documenti relativi al procedimento penale legato alla realizzazione del porto di Imperia, in cui Caltagirone risultò indagato e poi assolto. Perché Centofanti avrebbe dovuto incaricare il faccendiere, le cui vicende giudiziarie erano già note? Il sospetto degli inquirenti è che in realtà possa trattarsi di una «stanza di passaggio» di denaro.
Da Firenze passa anche lo sgambetto al procuratore generale Marcello Viola.
Il 26 marzo 2019 la Procura di Perugia chiede a Roma di poter effettuare intercettazioni (attraverso la Gdf) a carico di Palamara. L’8 maggio il procuratore di Roma va in pensione e quella sera all’hotel Champagne avviene una cena tra Palamara, il deputato Pd Cosimo Ferri e Luca Lotti per decidere il successore di Pignatone. Il Trojan registra. Lotti è coinvolto nell’inchiesta Consip di cui Pignatone è titolare. Il giorno dopo Palamara cena con Pignatone e Michele Prestipino, suo braccio destro.
Si discute sulla possibilità che proprio Prestipino possa essere il successore di Pignatone. I papabili però sono 13 e in testa c’è Viola che intralcia il loro disegno e che il 24 maggio viene designato con ampia maggioranza dalla quinta commissione del Csm. In un’intercettazione tra Palamara e l’amico Luigi Spina si dice chiaramente: «È l’unico non ricattabile». Insomma, Viola doveva rimanere a Firenze, per Roma serviva qualcuno più «malleabile».
Il 29 maggio scoppia Magistratopoli e Palamara viene indagato. Alla votazione successiva Viola non riceve neanche un voto. Vince, guarda caso, Prestipino.
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