Antifascista, di sinistra e pro immigrazione: chi è Eugenio Albamonte, il Pm che indaga CasaPound
Roma, 5 giu – CasaPound è finita nel mirino dei pm per lo stabile occupato in via Napoleone III, a Roma. L’obiettivo dichiarato è lo sgombero. Un fatto che ha generato l’improvviso giubilo in particolare del sindaco pentastellato della capitale, Virginia Raggi, e dell’Anpi. Nel primo caso si tratta di un’ossessione ormai di lunga data, nel secondo di una mera presa di posizione ideologica. Eppure è proprio su un esposto presentato dall’associazione dei partigiani che sta indagando il pm Eugenio Albamonte. Quest’ultimo, da buon magistrato, si presuppone però che sia del tutto sopra le parti e agisca senza condizionamenti ideologici. Chi è dunque il pm che sta indagando su CasaPound? E’ imparziale come necessariamente dovrebbe essere?
Eugenio Albamonte, classe 1967, è l’ex presidente dell’Anm (Associazione Nazionale Magistrati) e attuale segretario di Area, un cartello di toghe di sinistra di cui fanno parte Magistratura Democratica e Movimento per la Giustizia. Quest’ultima appartenenza già di per sé pone qualche dubbio sull’assoluta imparzialità di giudizio di Albamonte, ma più in generale ad essere fortemente discutibile è l’esistenza stessa di correnti della magistratura con una precisa identità politica. Badate bene, non è questione di appartenenza partitica che non sussiste, è questione di visione politica, perché anch’essa non dovrebbe sussistere.
“Compagni” magistrati
Area, l’unione delle correnti di sinistra della magistratura di cui parliamo e di cui Albamonte è segretario, è stata costituita l’8 giugno 2013. Sul sito di Area, che ha un logo curiosamente molto simile a quello del Pd, leggiamo il suo scopo e la sua identità: “Nata come ‘cartello elettorale’ tra Magistratura Democratica e Movimento per la Giustizia-art.3… Dall’approvazione della Carta dei Valori (del 2013, ndr) molto cammino è stato fatto. Area ha eletto propri esponenti nel Consiglio Superiore della Magistratura, nei Consigli Giudiziari e in tutti gli organi rappresentativi dell’Associazione Nazionale Magistrati”. Un gran bel lavoro, non c’è che dire. Nulla però a che vedere con la volontà di “apparire”, ci mancherebbe. In un’intervista rilasciata a Il Foglio, il giudice Albamonte tenne infatti a precisare: “I magistrati che si comportano in modo sobrio mi piacciono. I pavoni no”.
Al pm che indaga su CasaPound piaceva semmai discutere “del complesso rapporto tra magistratura e politica”. A tal punto che quando ricopriva la carica di presidente dell’Anm, fu promotore a Siena del trentatreesimo congresso nazionale dell’Associazione Nazionale Magistrati, dal titolo emblematico: “Nuove domande di giustizia tra libertà e diritto. Nuove famiglie, Liberalizzazione droghe leggere, fine vita, Ius soli”. Nel comunicato ufficiale di quell’evento si poteva leggere: “Si concluderanno i lavori con la sessione sui nuovi diritti, su cui il magistrato è quotidianamente chiamato a dare risposte di giustizia anche svolgendo una funzione di supplenza: fine vita, nuove famiglie, legalizzazione delle droghe leggere, ius soli”.
La bandiera dell’Anpi scomparsa da Facebook
Il pm Albamonte si è distinto però anche per aver chiesto decine di anni di carcere per alcuni esponenti e militanti di CasaPound che diedero vita a una dura manifestazione di protesta contro un centro di accoglienza a Casale San Nicola (periferia di Roma). Ed è sempre l’attuale segretario di Area, a meno che non si tratti di un clamoroso caso di omonimia, che ama pubblicare sui social immagini celebrative della Resistenza e foto di manifestazioni antirazziste.
Ma giusto per far capire meglio a tutti come la pensa politicamente, lo scorso 25 aprile ha deciso pure di pubblicare sul suo profilo Facebook una bella bandiera dell’Anpi. Tutte foto che chiunque poteva ammirare fino a ieri. Adesso però (e sarà sicuramente un caso) dal profilo dell’inappuntabile Pm, la bandiera dell’Anpi è scomparsa.
All’improvviso forse Albamonte avrà ripensato a una celebre frase di Piero Calamandrei, che per il giudice di Area sarò sicuramente un faro: “È arduo codificare l’indipendenza. Occorrono certo la terzietà e l’imparzialità ma occorre anche che terzietà e imparzialità siano assicurate sotto il profilo dell’apparenza”. Ecco, ci auguriamo che oltre all’apparenza ora Albamonte non dimentichi la necessità reale dell’imparzialità, a cui un magistrato non può abdicare. Imparzialità, terzietà e indipendenza. Sono tre principi cardine che devono contraddistinguere i magistrati nell’esercizio della loro funzione. Non valgono soltanto per i giudici italiani, sono ovviamente indispensabili per il corretto operato di qualunque giudice che agisca in uno Stato di diritto.
Alessandro Della Guglia