Finanziavano i rapitori di Silvia Romano: in quattro a processo a Bologna
La Procura di Bologna ha chiesto il processo per quattro stranieri, due somali e due etiopi, residenti stabilmente tra la Lombardia e il Piemonte.
Secondo le accuse, gli immigrati finanziavano il terrorismo jihadista internazionale raccogliendo e inviando denaro che serviva per l’acquisto di armi e munizioni che finivano ai terroristi di “Al Shabaab”, il gruppo che ha sequestrato la cooperante Silvia Romano. Gli stessi stranieri, inoltre, secondo la Procura avrebbero favorito l’immigrazione clandestina.
Si tratta di Rashiid Dubad (23 anni), Said Mahamed (23), Cabdiqani Asman (30) e Isidiin Ahmed (23). Tre degli imputati sono attualmente detenuti in carcere non a Bologna mentre un quarto è ai domiciliari a Cinisello Balsamo, nel Milanese. Le indagini, coordinate dalla Pm Antonella Scandellari, sono state portate avanti dalla Digos della città emiliana in collaborazione con la Dda felsinea. Dall’inchiesta è emerso che gli immigrati si muovevano in diverse Regioni del Nord Italia per raccogliere del denaro da inviare, poi, ai combattenti del Corno d’Africa per la causa della “guerra santa”.
L’antiterrorismo è riuscito ad individuare il gruppo partendo da una serie di contatti che avevano nella zona di Forlì dal settembre 2018. Dubad, ad esempio è stato intercettato mentre con alcuni connazionali discute di dell’acquisto di armi e mezzi per sostenere i gruppi “Al Shabaab” e Onlf (Ogaden National Liberation Front) operativi in Somalia ed Etiopia. Gli investigatori ritengono che il giovane, residente a Cinisello Balsamo, fosse “il collettore di beni (camion) e denaro” che provvedeva “con cadenza mensile” ad inviare ai terroristi.
La Digos, nel corso di perquisizioni, ha trovato le prove di una parte dei trasferimenti di denaro, tra cui circa 6.900 dollari che uno dei tre aveva “procacciato” ottenendoli dal welfare francese approfittando dello status di rifugiato. Uno dei due etiopi, invece, aveva inviato a “non meglio identificati cittadini somali” 2.777,26 euro mentre il suo connazionale aveva fatto arrivare alcune centinaia di euro sempre ad altri cittadini somali.
Nelle carte dell’inchiesta ci sono poi alcuni elenchi di stranieri, residenti anche fuori Italia, che attraverso money transfer facevano arrivare in Somalia altre somme di denaro. Il gruppo aveva messo in piedi una rete di ingressi clandestini nel nostro Paese. Una volta sul territorio nazionale, gli stranieri venivano ospitati e, successivamente, accompagnati oltre il confine svizzero. Ovviamente questo “servizio” aveva un costo: i ricavi di questa “attività” criminale alimentavano le casse dei gruppi terroristici.
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