I meridionali non vogliono “liberare” il Nord
Siamo giunti al momento della riapertura generalizzata. Dopo mesi di lockdown, è nuovamente consentito spostarsi da una regione all’altra, per qualsiasi motivo.
E senza autocertificazioni o altri documenti.
Si tratta di una decisione che, come è noto, è stata accompagnata da forti polemiche, riguardo specialmente alla decisione di riaprire «tutti assieme».
Alcuni hanno sottolineato infatti che il livello di diffusione del virus è ancora molto diverso tra le varie regioni. In alcune, specialmente al Sud, il Covid 19 è presente in una quota assi bassa di popolazione, se non, talvolta, addirittura assente. In altre, soprattutto la Lombardia, è invece ancora pericolosamente attivo, coinvolgendo una porzione assai maggiore di cittadini, anche se in decrescita rispetto ai picchi raggiunti nei mesi scorsi.
Anche per questo, c’è chi avrebbe preferito un’apertura differenziata, mantenendo in qualche misura il lockdown nelle aree che rimangono più colpite. Si sono espressi in questo modo diversi presidenti di Regione (ad esempio in Campania e in Sardegna) e molti sindaci, che vorrebbero limitare di fatto l’arrivo di cittadini lombardi nei loro territori. Anche alcuni Stati esteri, in primo luogo la Grecia, propongono restrizioni del genere.
Ma che ne pensano i cittadini? Un sondaggio dell’istituto EumetraMR (effettuato interrogando un campione rappresentativo della popolazione adulta, per conto della trasmissione «Quarta Repubblica», condotta da Nicola Porro) rivela come la grandissima maggioranza degli abitanti delle regioni meridionali avrebbe preferito che la Lombardia non venisse riaperta e ai suoi cittadini fosse, almeno ancora per un po’, vietato di muoversi liberamente. Esprime questa opinione il 79 per cento. Ma anche gli abitanti del Centro si pongono sulle stesse posizioni, con una percentuale sostanzialmente analoga, pari al 78.
C’è del sentimento antilombardo in queste risposte? Alcuni osservatori sostengono di sì, sottolineando l’esistenza di invidia e ostilità nei confronti della Lombardia e del suo ruolo nazionale. Il quale è stato enfatizzato negli ultimi anni, con alterne reazioni da parte degli altri territori del nostro Paese. E che ha dato luogo a chiare manifestazioni di antipatia nelle scorse settimane.
Ma, coniugato a questo atteggiamento, c’è senza dubbio anche una effettiva apprensione per la salute. Le due cose si mescolano e si giustificano reciprocamente. Tanto che anche il 68 per cento dei residenti nel Nord-Est si pronuncia per la chiusura della Lombardia. E lo stesso fa grossomodo la metà (51 per cento) degli abitanti del Nord-Ovest, di cui la stessa Lombardia fa parte. Insomma, l’orientamento irritato verso la Lombardia e le sincere preoccupazioni per la salute appaiono mescolarsi nella formazione di un orientamento che nell’insieme disapprova le recenti decisioni del governo. Con effetti politici e anche sociali (c’è chi paventa ribellioni e movimenti nelle piazze) che potremo misurare compiutamente solo nelle prossime settimane.
il giornale.it