โ€œErano giorni drammatici: decidevamo chi poteva vivere e chi no

Da sempre il sacro compito di un medico รจ quello di impegnarsi per curare al meglio ogni cittadino con problemi di salute e fare tutto il possibile per salvare vite. Eppure in questo disgraziato 2020 รจ quasi venuta meno la regola fondamentale della professione.

Non per colpa di chi lavora negli ospedali. Lo tsunami coronavirus si รจ abbattuto in modo improvviso e con una potenza devastante sullโ€™Italia. Il sistema sanitario ha vacillato sotto i colpi del nemico invisibile ma, grazie allโ€™immane sforzo dei medici, alla fine ha retto.

La battaglia, perรฒ, non รจ stata facile. Solo allโ€™inizio di marzo ogni certezza stava venendo meno. โ€œLe previsioni stimano un aumento dei casi di insufficienza respiratoria acuta di tale entitร  da determinare un enorme squilibrio tra necessitร  cliniche reali della popolazione e la disponibilitร  di risorse intensiveโ€, si poteva leggere sul sito della Siaarti, la Societร  italiana di anestesia e rianimazione. Poche righe che spiegavano meglio di tante altre parole il quadro drammatico della situazione e che sono la premessa alle 15 raccomandazioni che la stessa Societร  ha inviato ai primari di tutte le terapie intensive.

In quel periodo sono sempre piรน i casi di persone contagiate da coronavirus. E lโ€™aumento di pazienti negli ospedali corrisponde ad un calo dei posti disponibili. รˆ a questo punto che non si parla piรน tanto di vita o di morte ma di scelte da effettuare. Scelte che dovranno fare i medici per far fronte allโ€™ondata di ricoveri. Perchรฉ โ€œil principio secondo cui il primo paziente arrivato รจ anche il primo assistito non รจ piรน adattoโ€. โ€œIl criterio da privilegiare- si legge- per lโ€™ammissione ai trattamenti intensivi diventa quello della maggiore speranza di vitaโ€. La notizia esce sui giornali. รˆ uno choc. Non si registrarono scene di panico ma di certo la paura iniziรฒ a farsi sentire forte. Gli italiani forse da quel momento capirono di essere realmente vicini ad una tragedia.

Alberto Giannini, 58enne responsabile della Terapia Intensiva Pediatrica dellโ€™Ospedale di Brescia, per la prima volta a distanza di tre mesi decide di raccontare al Corriere della Sera cosa accadde sul finire dellโ€™inverno. Il medico, tra lโ€™altro, รจ colui che ha scritto quelle regole in quanto ha lavorato nel pool ristretto della Siaarti.

โ€œAllโ€™inizio fu davvero difficileโ€, ammette Giannini che ricorda come anche suoi colllghi chiedevano spiegazioni per quelle indicazioni. Si sollevรฒ anche lโ€™Ordine dei Medici, invocando il giuramento dโ€™Ippocrate. โ€œรˆ nostro obbligo curare tuttiโ€, affermรฒ il presidente.

Il problema non era la mancanza di volontร  da parte dei medici quanto i pochi strumenti a disposizione dei pazienti. โ€œIo a tutti rispondevo- ha ammesso Giannini- che in alcuni ospedali le ambulanze non riuscivano piรน nemmeno ad entrare. Che avevamo 10, 30, 60 pazienti che arrivavano tutti insieme con difficoltร  respiratorie; ma pochissimi ventilatori. E a loro dicevo: diteci allora, a chi dobbiamo darli? La veritร  รจ che non avevano la piรน pallida idea di quello che stesse succedendoโ€ฆ.โ€.

La situazione stava volgendo al peggio. โ€œCโ€™era una richiesta molto forte, pressante, da parte dei medici che si vedevano travolti da un uragano di indicibile violenza e velocitร โ€, ha sottolineato il medico che spiega come in quel periodo il contagio iniziava ad allargarsi a macchia dโ€™olio. โ€œLa necessitร  di dare delle linee guida- ha aggiunto- divenne impellente. Io, con il collega Marco Vergano di Torino, scrivemmo tutto in 48 oreโ€. Il medico, a mente fredda, racconta di aver un grande rammarico: quello di aver diffuso le linee guida senza spiegare bene alcune indicazioni che, poi, hanno creato sconcerto. โ€œCon piรน tempo avremmo avuto la tranquillitร  per poter riformulare certi passaggi conservando in pieno i contenuti ma esprimendoli in modo piรน chiaroโ€ฆโ€, ha dichiarato Giannini.

Questโ€™ultimo ha spiegato come sia passata, in modo erroneo, โ€œlโ€™idea di una discriminazione legata allโ€™etร . Ci sarebbe voluto da parte nostra uno sforzo di maggiore chiarezza. Era un testo che aveva come destinatari i medici che lavorano nelle terapie intensive, certamente aperto al mondo esterno e quindi tuttโ€™altro che segreto come scrissero in molti, ma era pensato per una lettura di interlocutori che avevano lโ€™alfabetoโ€. Secondo Giannini, il problema non รจ lโ€™etร  anagrafica in sรฉ ma โ€œciรฒ che dal punto di vista biologico lโ€™etร  rappresenta. Sono sicuro che ci siano 80enni che fanno il passo del Ghisallo in bicicletta mentre io probabilmente morirei dispnoicoโ€. Ma la situazione รจ stata davvero di estrema emergenza. Il coronavirus, rimarca il medico, รจ โ€œuna malattia multi-sistemica, il Covid, che con il passare dei giorni ha dimostrato tutta la sua gravitร . Con pazienti pronati in terapia intensiva anche per 18 ore di fila. Se si intuba il paziente che รจ in condizioni peggiori, attribuendogli cosรฌ lโ€™unica risorsa salvavita, il rischio รจ lasciare senza chi magari ha piรน chance di salvarsi. In definitiva, il rischio รจ avere 2 morti, anzichรฉ un morto e un guaritoโ€.

Il fenomeno epocale del coronavirus, secondo Giannini lascia, a tutti un senso di vulnerabilitร .โ€Eravamo entrati in una sorta di delirio di onnipotenza, ma la dimensione del limite esiste e ci accompagna. Come il tema della morte, che รจ sempre piรน un tabรนโ€, ha spiegato. Lo stesso responsabile della Terapia intensiva pediatrica dellโ€™Ospedale di Brescia sottolinea che lโ€™emergenza, con tutta la sua drammaticitร , ha anche abbattuto muri in quanto โ€œci ha obbligato a lavorare in รฉquipe multidisciplinari, operando molto di piรน in gruppoโ€.

Ma cโ€™รจ una cosa che in questo periodo seganato dal coronavirus ha scandalizzato Giannini e che รจ emersa quando, per alleggerire il peso delle terapie intensive in Lombardia, i pazienti venivano spostati in Sicilia o in Germania anzichรฉ magari trovare accoglienza in Veneto. โ€œA fronte di iniziali disponibilitร , dagli ospedali di quella Regione arrivavano poi dinieghi. Vuol dire che questo sistema sanitario fortemente regionalizzato non si รจ dimostrato un sistema equo. E che purtroppo viviamo ancora in una realtร  fatte di palizzateโ€, ha concluso.

il giornale.it

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