Travaglio “assolve” Palamara: “Non è lui che ha incriminato Salvini” (Video)
Roma, 27 mag – La famigerata chat in cui Luca Palamara sostiene che Salvini va attaccato anche se ha ragione? Per Marco Travaglio è, in fin dei conti, una cosa da poco. Ospite alla puntata di ieri sera di Dimartedì, il programma di approfondimento condotto da Giovanni Floris su La7, il direttore del Fatto Quotidiano ha infatti affermato: «Non mi risulta che Palamara indagasse su Salvini». Insomma, va bene così. Salvini non corre alcun rischio di essere processato sulla base di un pregiudizio, anche se Palamara e Auriemma, il procuratore capo di Viterbo, erano perfettamente concordi nel ritenere l’allora ministro dell’Interno inattaccabile da un punto di vista giuridico, e che gli attacchi della magistratura dovessero rispondere ad esigenze di natura puramente politica.
Travaglio difende la magistratura
«Né il procuratore di Viterbo [Auriemma] né il sostituto procuratore Palamara si sono mai occupati delle inchieste su Salvini, che notoriamente nascono in Sicilia perché gli sbarchi [degli immigrati] avvenivano in Sicilia. La Procura di Viterbo non c’entra nulla con quella di Agrigento», spiega Travaglio. Secondo il direttore del Fatto Quotidiano, da sempre vicino alle toghe, il segretario della Lega non avrebbe nulla di cui preoccuparsi, visto che i magistrati che indagano su di lui non sono stati beccati a parlar male di lui. Insomma, non ci sarebbe alcuna prevenzione politica dei pm nei riguardi di Matteo Salvini, che può quindi dormire sonni tranquilli.
Sallusti risponde a tono
A Travaglio ha quindi risposto Alessandro Sallusti, anche lui in collegamento. Il direttore del Giornale ha fatto notare che Palamara non era affatto un magistrato qualsiasi, bensì una delle toghe più potenti d’Italia, nonché ex presidente dell’Anm, oggi appunto finita al centro della bufera: «Mi sembra molto riduttivo il discorso di Travaglio. Queste intercettazioni dimostrano che Palamara poteva decidere di nomine, carriere e giudizi. Qua stiamo parlando di uno che era il presidente dell’Anm, di uno dei capibastone dei magistrati, ed è evidente che ha una filiera di comando che è in grado di influenzare e governare». Quindi, secondo Sallusti, il caso Palamara dimostra che «i magistrati non ragionano in punta di diritto, ma ragionano in punta di convenienza politica. E questo non si può smentire».
Vittoria Fiore