Gli Usa investono sulla cura al plasma. “Trattati finora 15mila pazienti”. E ringraziano l’Italia
Roma, 26 mag – Mentre in Italia la cura al plasma iperimmune rimane al centro del dibattito tra chi la propone – risultati alla mano – e chi inspiegabilmente «frena», mettendo ogni sorta di paletti, gli Stati Uniti hanno deciso di investire le proprie risorse sanitarie contro il coronavirus nel trattamento basato sul lavoro svolto dal San Matteo di Pavia e dal Poma di Mantova. «I dati ci inducono a pensare che sia efficace», è il parere unanime delle autorità sanitarie d’Oltreoceano. A tal punto da aver ottenuto il semaforo verde dalla Food and drug administration, «di norma sempre rigida su ogni forma di nuova terapia». Insomma, Oltreoceano si scommette con convinzione sul plasma, e lo rivela il professor Alessandro Santin, dirigente del Disease aligned research team cancer center dell’Università di Yale.
«Negli Usa crediamo molto alla terapia con il plasma. Al momento abbiamo trattato, nelle ultime 6 settimane, circa 15mila pazienti con il plasma ottenuto da pazienti convalescenti. I dati sui primi 5mila hanno dimostrato come l’infusione del plasma si sia rivelata sicura», ha annunciato il professore nel corso della diretta Facebook di Regione Lombardia facendo il punto sull’emergenza sanitaria. Lo riporto Il Secolo d’Italia. «In questi primi 5mila pazienti – ha illustrato Santin – abbiamo visto che gli effetti collaterali si sono visti in meno dell’1%. Siamo molti tranquilli che questo tipo di terapia sia sicuramente sicura. E stiamo investigando rispetto ai casi controllo, cioè nei pazienti che non hanno ricevuto il plasma, comparati con chi lo ha ricevuto. Così potremo capire se quello che abbiamo ipotizzato, ossia l’efficacia della terapia, abbassi la mortalità».
Il professore spiega che «i dati preliminari ci inducono a pensare che questo tipo di terapia sia efficace. Però i 15mila pazienti finora sono stati trattati su forma compassionevole, si tratta di quei pazienti che hanno contratto forme severe o sono intubati. Senza avere un braccio di controllo randomizzato, dobbiamo basarci su quello che vediamo». Santin ha ricordato l’immediato interesse e il supporto fornito dalla Food and drug administration statunitense, «di norma sempre rigida su ogni forma di nuova terapia. In questo caso specifico la Fda non solo ne ha approvato l’uso, ma ha contattato tutte banche del sangue americane e chiesto all’American red cross [Croce rossa americana, ndr] di coordinare la raccolta del sangue e la distribuzione i tutti gli ospedali americani».
Nessuno sta gridando alla cura miracolosa, ma di fatto «al momento – ha puntualizzato Santin – non abbiano vaccini e terapie mirate antivirali efficaci contro il coronavirus. Siamo in una situazione di emergenza e l’immunizzazione passiva, cioè l’uso di plasma di pazienti convalescenti, ricco in anticorpi neutralizzanti contro il coronavirus, rappresenta una terapia che possiamo utilizzare in maniera immediata nei pazienti che sviluppano formi gravi e che, se non trattate, possono portare alla morte». Il professore passa poi a lodare l’operato del San Matteo di Pavia e dal Poma di Mantova, commentando così: «I colleghi sono stati pionieri in Italia di questo trattamento». con l’auspicio che il trattamento, «in Italia come in America, possa essere reso disponibile immediatamente in tutti gli ospedali che trattano pazienti con forme gravi della patologia».
Cristina Gauri