La ghigliottina del lockdown: un negozio su tre non riapre
L’Italia riapre a rilento e alcune attività economiche non ce la faranno. Nemmeno con gli aiuti a fondo perduto o con i prestiti garantiti dallo Stato, le cui richieste sono state quantificate dal sindacato dei bancari Fabi in 2,5 milioni.
Ieri è stata Confesercenti misurare un fenomeno che gli italiani hanno iniziato a percepire dai primi giorni della fase due. Solo il 72% dei negozi ha riaperto i battenti e ripreso l’attività. È la maledizione di una proporzione che ricorre spesso e sulla quale convergono più osservatori.
Un terzo dell’economia del Paese è a rischio. Un negozio su tre a non alzerà la saracinesca a Roma come a Milano, secondo Confcommercio. Anche al ministero dell’Economia ci si muove su questa proporzione. Gli accantonamenti per i prestiti garantiti dallo Stato saranno una cifra vicino al 30% del totale. Quindi il governo prevede che un azienda ogni tre non onorerà il prestito e lo Stato si dovrà fare carico di rifondere la banca. Fallimenti che non saranno evitati dall’iniezione di liquidità prevista dal decreto imprese e dalle altre leggi per l’emergenza Coronavirus. Sempre secondo Confesercenti, i consumatori che hanno già ripreso gli acquisti sono il 26%. Questa volta a fermarsi sono stati i due terzi.
Il 68% degli esercizi che hanno riaperto ammette di aver lavorato fino a ora in perdita, di questi quasi la metà (37%) segnala vendite più che dimezzate rispetto alla normalità. Il 17% ritiene di aver mantenuto livelli di ricavi uguali al periodo pre virus, solo un 13% vede una crescita del fatturato.
La crisi colpisce il terziario e non risparmia la consulenza aziendale e le attività finanziarie. Settore che, a causa della pandemia e della chiusura forzata «rischia di perdere nel 2020 quasi 4 miliardi di euro di valore aggiunto con la scomparsa di circa 30 mila imprese e quasi 90 mila posti di lavoro», secondo un focus realizzato da Asseprim Confcommercio, Federazione dei servizi professionali, in collaborazione con Format Research.
Gli strumenti messi in campo dal governo rischiano di non essere sufficienti. Ieri è proseguita la polemica sull’esclusione delle professioni ordiniste dai contributi a fondo perduto e quella su un possibile cancellazione del bonus da 600 euro per gli stessi professionisti (il governo ha smentito).
Tempo dei primi bilanci per i prestiti garantiti dallo stato previsti dal decreto liquidità. Misura che sembra destinata a portare benefici soprattutto al nord. il 20% delle domande è stato presentato in Lombardia, in Calabria solo il 2,6%, secondo un’analisi del sindacato dei bancari Fabi. Entro la fine dell’anno le domande presentate in banca dovrebbero attestarsi, nel dettaglio, tra i 2 e i 2,5 milioni. Il 47,6% delle istanze è stato presentato in quattro regioni settentrionali, Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna. La platea potenziale delle aziende e dei lavoratori autonomi interessati dalle varie forme di prestito con la garanzia pubblica è di 5 milioni di pmi e partite Iva: di questi, 1,5 milioni saranno esclusi in partenza dagli strumenti di garanzia, mentre un altro milione potrebbe restare o per mancanza di requisiti o, al contrario, perché provvisto di mezzi finanziari adeguati, sempre stando allo studio Fabi.
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