La forza “feroce” del Covid: “Rompe i muri dei polmoni”
Il Covid “visita” anche chi lo combatte in prima linea: in un’intervista esclusiva al Giornale.it abbiamo sentito il dott. Franco Carnesalli, Clinical Manager e Consulente Pneumologo presso l’Istituto Auxologico di Milano.
Anche lui è stato colpito dal virus, fortunatamente in forma non grave. Ci ha raccontato in che modo colpisce i polmoni, dalle forme più leggere a quelle più gravi e spesso in maniera subdola, di come radiografie e Tac possono “scoprirlo” e qual è l’unico farmaco che potrebbe, addirittura, prevenirlo.
Quali sono i danni che il virus fa all’apparato polmonare?
“Parlando di polmoni, particolarmente sensibile è la mucosa dei bronchi, dove spesso Covid si attacca provocando una reazione infiammatoria comune anche ad altri virus respiratori ma in questo caso molto più cospicua. L’entità della reazione infiamattoria può dar luogo a forme leggere di bronchite o broncopolminiti senza particolari complicanze respiratorie, oppure può portare a broncopolmoniti interstiziali, che colpiscono i “muri” dell’albero respiratorio”.
A tal proposito, il virus Sars-Cov-2 provoca spesso queste polmoniti interstiziali. Cosa sono?
“Immaginiamo di avere un albergo: l’ingresso è la trachea, i corridoi principali sono costituiti dai bronchi, i corridoi secondari sono i bronchi di primo e secondo livello. In fondo, abbiamo tanti piccoli corridoi che finiscono in mini ‘appartamenti’ con delle ‘stanzette’: la broncopolmonite, normalmente, colpisce queste stanzette, nel caso di quella interstiziale vengono colpite soprattutto le pareti, come se la tappezzeria si spogliasse ed il virus si infiltrasse fino a rompere questa parete. L’infiammazione, se molto forte, può portare anche ad un interessamento del circolo polmonare e dei piccoli vasi con le embolie polmonari, responsabili anche di alcuni decessi soprattutto in un fase iniziale in cui non si conosceva bene questo aspetto”.
Quindi, Covid provoca anche le embolie polmonari?
“Le citochine sono delle proteine pro-infiammatorie che, quando sono prodotte in grossa quantità, oltre ad arrossamento e gonfiore sulla pelle, possono portare all’alterazione della coagulazione intravascolare. Si sono formano aggregati piastrinici che formano gli emboli, i quali si incastrano nei vasi periferici”.
Quali sono i sintomi?
“Dipendono dal livello di aggressione e gravità del virus: alcuni sono simil influenzali come febbre, mal di testa, dolori articolari o tosse secca e si risolvono in pochi giorni. Man mano che si va verso un aspetto un po’ più grave può comparire la broncopolmonite, con febbre elevata, mancanza di respiro, cefalea e dolori diffusi e tosse ma senza catarro. Ci sono dei pazienti che, in questi mesi, hanno avuto piccole influenze o raffreddori: a posteriori, si può immaginare che abbiano avuto il Covid. Se è vero che provoca broncopolmoniti, ha dato tutta una serie di manifestazioni simil influenzali, con le quali è stata confusa, che hanno colpito anche le alte vie respiratorie, come può essere il naso rispetto ai bronchi, che fanno parte delle basse vie respiratorie”.
C’è una categoria di persone che colpisce maggiormente?
“Direi di no, il virus può colpire tutti: i bambini lo portano ma non lo diffondono, dai giovani in su tutti possono essere colpiti. Quello che conta è come lo si prende, sono morti anche 30enni, quindi non è soltanto un fattore d’età. Alcune fasce più a rischio possono essere costituite da portatori di handicap, epilettici, chi ha avuto la poliomelite. Sono un po’ più fragili e potrebbero avere dei danni imporanti così come per chi è anziano, non si intende soltanto chi è avanti con gli anni ma anche il 60enne fumatore da tanti anni. Ma anche chi mangia male, chi ha un lavoro pesante perché hanno un fisico indebolito da altri fattori”.
Sappiamo essere l’organo preferito dal virus, qual è la percentuale di casi riscontrati?
“Ho preso Covid anche io, l’ho sperimentato sulla mia pelle, per fortuna in una forma non grave. Per quello che ho potuto constatare anche con i miei colleghi, nel 90% dei casi i sintomi erano essenzialmente respiratori, da quelli più leggeri simil influenzali, via vai fino ai bronchiali per arrivare a broncopolmoniti e polmoniti”.
C’è una terapia specifica per curare i polmoni?
“In tanti pazienti con le forme più leggere come febbre, cefalee, dolori articolari e tosse si curano con tachipirina e paracetamolo. Sono tanti, però, anche i pazienti che hanno la broncopolmonite: prima di tutto, è fondamentale indivuduarla magari con una radiografia o una tac. Nei casi più gravi, si può usare l’idrossiclorochina, un importante antifiammatorio reumatico che sembra aver anche effetti antivirali. Bisogna stare attenti, però, perché potrebbe avere implicazioni sul cuore e va monitorato con una certa attenzione. Nelle forme di broncopolmoniti più gravi, ai limiti del ricovero, ci sono terapie antibiotiche un po’ più impegnative”.
Ultimamente si parla dei casi Covid-like: pazienti negativi al tampone ma una tac rivela polmoniti intrerstiziali, cosa può dirci in merito?
“Uno studio pubblicato dai medici dell’Istituto Galeazzi di Milano mostra come, su 160 pazienti arrivati al pronto soccorso con sintomi come tosse e febbre, su 100 di loro c’era la presenza di broncopolmonite. Ciò significa che in molti casi non è stata diagnosticata, molti non lo sanno. In tanti soggetti studiati a posteriori, ormai guariti, con la Tac è stata evidenziata una broncopolmonite, nascosta dai quei sintomi leggeri. Anche se non c’è certezza che fossi Covid, si trattava sicuramente di broncopolminiti non diagnosticate. È sempre utile fare una Tac per vedere se è avvenuta o meno una completa guarigione”.Paziente con lesioni polmonari da Covid-19
Il danno polmonare che si vede con la Tac, è reversibile o permanente?
“È anche legato alle condizioni di partenza di un paziente, se è sano o deteriorato. E poi, dall’entità dell’infezione: se è leggera, normalmente sparisce; nei casi di rianimazione o di intubazione, quindi gravi broncopolmoniti, è difficile che sparisca tutto. Quei famosi danni alle pareti rimangono, radiologicamente si vedono esiti più o meno marcati. Molti pazienti devono fare una riabilitazione respiratoria per riparare l’apparato respiratorio che è stato danneggiato. E vanno seguiti nel tempo”.
C’è un modo per prevenire le polmoniti?
“All’inizio non si sapeva nulla. Adesso si è detto che, nelle primissime fasi o addirittura come prevenzione, l’idrossiclorochina potrebbe essere utile, tenendo sempre ben presente gli effetti cardiologici. Non si può dare a tutta la popolazione ma bisogna identificare pazienti un po’ a rischio dove si sospetta l’infezione, ed evitare i sintomi e l’infiammazione descritta prima. In ogni caso, il primo rimedio resta il distanziamento, non avere contatti con il virus. Prima cosa, non essere infettati. E poi, mica il farmaco si può prendere liberamente in farmacia, è il medico che lo decide o meno. Non è la tachipirina…”
il giornale.it