«Recovery fund a fondo perduto? Un’altra menzogna di Conte». La denuncia di Bagnai
«Commentare uno strumento finanziario come il Recovery Fund, elaborato da Francia e Germania senza nessun coinvolgimento dell’Italia, è probabilmente superfluo. Se non per sottolineare la consueta subalternità del nostro governo, escluso in Europa dai tavoli rilevanti. Le fake news che stanno circolando rendono però necessario un chiarimento importante. Definendo il fondo Merkel-Macron un finanziamento “a fondo perduto” il premier ha mentito agli italiani. In realtà la proposta franco-tedesca parla esplicitamente di un “piano vincolante di restituzione” da parte degli Stati dei denari da essi ricevuti. Per gli Stati membri l’accesso al fondo quindi sarà un debito». Lo afferma Alberto Bagnai, responsabile Economia della Lega.
Recovery Fund, Bagnai: «Somme irrisorie»
«Insomma, come di consueto – lamenta Bagnai – Francia e Germania sfruttano le condizioni di urgenza per piegare le politiche europee a loro esclusivo vantaggio. Dulcis in fundo, le somme previste sono irrisorie rispetto ai bisogni del Paese: si parlerebbe, nella migliore delle ipotesi, di 30 miliardi all’anno per tre anni a partire dal prossimo. Ma anche questo scenario, catastrofico per la nostra economia, è probabilmente ottimistico, considerando che il presidente Ursula Von der Leyen ha detto che è improbabile che il Recovery Fund collochi più di 100 miliardi di titoli all’anno sul mercato». «In estrema sintesi, non è chiaro né quanto riceveremmo né come saremo obbligati a spendere le somme ricevute. Unico dato certo: l’aumento del nostro già cospicuo contributo netto al bilancio dell’Ue, in cambio dell’esclusione del nostro Paese dai tavoli in cui si decide il futuro di un progetto da noi finanziato».
«Un mutuo che pagheremo noi»
«Come nel caso del Mes, siamo di fronte a un mutuo che pagheremo noi, ma che altri decideranno come impiegare. Tutto questo – conclude Bagnai – per limitare l’unica fonte sensata di finanziamento a tasso zero, ampiamente utilizzata da tutto il resto del mondo industrializzato, vale a dire la monetizzazione del debito da parte della Banca centrale, oggi richiesta da una platea sempre più vasta di economisti e di governi (come quello spagnolo)».