La Cassazione bastona Emiliano: “Ha violato le regole: no ai magistrati iscritti ai partiti”
Michele Emiliano non poteva iscriversi al Pd. Facendolo, ha violato il divieto per le toghe di prendere tessere di partiti e partecipare alla loro attività, anche se in aspettativa. Lo ha stabilito la Cassazione, che ha così rigettato il ricorso del presidente della Regione Puglia contro la sanzione disciplinare comminatagli lo scorso anno dal Csm. Dunque, Emiliano resta “ammonito”, che è comunque il richiamo più lieve previsto per i magistrati.
La Cassazione conferma la sanzione del Csm
”Il diritto del magistrato di partecipare alla vita politica deve essere necessariamente bilanciato con la tutela di altri beni giuridici costituzionalmente protetti, quali il corretto esercizio della giurisdizione e il prestigio dell’ordine giudiziario nonché i principi di indipendenza e imparzialità della magistratura che costituiscono i capisaldi dello stato di diritto, posto a base del disegno costituzionale”, si legge nelle motivazioni della sentenza delle sezioni unite civili della Cassazione, che ha confermato l’ammonimento.
Così Emiliano ha violato le regole della magistratura
I supremi giudici hanno chiarito che è anche quando i magistrati accedono a “uffici pubblici e cariche elettive” devono essere salvaguardati i “principi di indipendenza e di imparzialità. Anche sotto il profilo della immagine pubblica della indipendenza e della imparzialità”. Si tratta, infatti, di “requisiti essenziali che devono sempre caratterizzare la figura del magistrato in ogni aspetto della sua vita pubblica”. Insomma, gli ermellini ribadiscono che esiste una differenza tra politica e istituzioni e che l’impegno del magistrato, “finché rimane tale”, deve sempre afferire alle seconde.
Il nodo delle porte girevoli tra magistratura e politica
“Non può ammettersi – chiarisce la Cassazione – che il mandato elettorale liberi il magistrato dai doveri e dai vincoli che incombono sui componenti dell’ordine giudiziario. Il magistrato non smette mai i propri panni, essendo chiamato a rispondere della condotta tenuta anche al di fuori dell’esercizio delle funzioni”. “E l’elezione non spezza, neppure temporaneamente, il legame di appartenenza del magistrato all’ordine giudiziario. Perché, allo stato della legislazione vigente – ricorda la sentenza – il magistrato eletto, una volta cessato il mandato elettorale, può tornare ad esercitare la giurisdizione“. ”Perciò, il magistrato, finché rimane tale, può sì accedere alle cariche elettive ed espletare il relativo mandato elettorale, ma solo con modalità tali da non compromettere i beni primari della indipendenza e della imparzialità, nonché della loro appartenenza, che – concludono i supremi giudici – caratterizzano la sua figura di appartenente all’ordine giudiziario”.