I grillini si piegano al Pd: così è passata la regolarizzazione degli immigrati
Un’impasse politica che ha rischiato seriamente di far arrivare il governo sull’orlo del baratro: la tregua all’interno della maggioranza porta la firma del presidente del Consiglio Giuseppe Conte che, preoccupato dal contesto di fuoco che lo stava circondando, si è esposto in prima persona.
Da una parte il Movimento 5 Stelle che ha tentato di mettere in pratica una prova di forza; dall’altra il Partito democratico e Italia Viva che premevano fortemente per incassare l’ok sulla regolarizzazione dei lavoratori stranieri. L’accordo è stato raggiunto verso la mezzanotte: il testo non sarebbe molto diverso da quello stilato domenica. Di fatto l’iniziale linea dura dei grillini ha fallito. Ma, come riporta l’Huffington Post, dagli ambienti gialli fanno circolare un avvertimento chiaro: “Questo è solo l’antipasto di ciò che succederà sul Meccanismo europeo di stabilità”.
Le posizioni erano chiare fin dall’inizio: i dem e i renziani convintamente schierati a favore, con il ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova che era arrivata addirittura a minacciare le dimissioni. I 5S non volevano piegarsi alla linea della maxi sanatoria, ma era nell’aria la convinzione che si sarebbe dovuti arrivare a un compromesso – anche se doloroso – per salvaguardare la tenuta dell’esecutivo giallorosso. A spingere per il via libera è stato su tutti il premier, il quale aveva rivolto un messaggio ai pentastellati che continuavano a fare muro: “Regolarizzare per un periodo determinato immigrati che già lavorano sul nostro territorio significa spuntare le armi al caporalato”.
Fallisce la linea dura
Il malcontento generale nel mondo M5S è notevole, anche se a più riprese è stato detto che si tratta di un accordo che tiene conto delle istanze sollevate dai gialli. Fonti vicine al dossier hanno sottolineato che è stata assecondata la volontà “di non far passare la norma sui migranti come una sanatoria per i datori di lavori che hanno commesso reati”. Ma ora i grillini si fiondano contro il capo del governo, a cui rivolgono accuse durissime che possono leggersi anche come sfogo dopo mesi di silenzio nei confronti del suo ruolo: “Ha paura del Pd, ha paura di Matteo Renzi e si è schierato con loro”.
È stata fatta forza sul piano sanitario, prendendo in considerazione il parere del Comitato tecnico-scientifico: “In piena emergenza Coronavirus non possiamo permettere che ci siano persone non identificate che vivono ammassate nei ghetti”. A quel punto il Movimento ha iniziato a cedere, chiedendo di sottolineare con molta enfasi e insistenza un aspetto chiave: non possono presentare istanza di emersione i datori di lavoro che nei cinque anni precedenti abbiano avuto condanne (anche in via non definitiva) per caporalato, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, per reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o per sfruttamento della prostituzione o di minori. E anche un’altra condizione è stata soddisfatta: lo straniero dovrà dimostrare di aver già lavorato e gli Ispettorati del lavoro dovranno condurre rigide verifiche. Ma il fallimento della linea M5S non è stata del tutto digerita dagli eletti pentastellati.
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