Da camici alle mascherine: i buchi nell’acqua di Arcuri
Camici inadeguati e assenza di mascherine. Tutti si scagliano contro Domenico Arcuri, commissario straordinario per l’emergenza coronavirus, che si occupa di fornire le protezioni necessarie a medici e infermieri.
Lo scorso 3 maggio, Marco Gabusi, assessore alla protezione civile della Regione Piemonte aveva chiamato il commissiario, spiegando di avere urgente bisogno di camici di protezione per medici e infermieri. I dispositivi erano stati trovati in un’azienda in Cina certificata e l’assessore aveva chiesto l’autorizzazione ad importarli. Ma la risposta è no, perché i camici c’erano già. “Il commissario Arcuri ci ha garantito l’arrivo di molti camici nei giorni successivi- ha spiegato Gabusi a Non è l’arena-In effetti i camici sono arrivati, ma non hanno idrorepellenza e non tutelano dal rischio biologico”. Le foto svelate da Massimo Giletti mostrano dei “sacchi dell’immondizia”, che non sono in grado di proteggere gli operatori sanitari. Inoltre, le indicazioni che accompagnano i camici specificano che si tratta di dispositivi “no medical”. I camici sembrerebbero arrivare da delle donazioni.
Gabusi dice di aver poi riferito al commissario Arcuri che i camici forniti non andavano bene. A quel punto, la Regione Piemonte è stata autorizzata a comprarli: “Ne arriveranno 10mila martedì e 20mila giovedì”.
Ma il problema non è solo quello dei camici inadeguati. Le polemiche si sono scatenate anche sulla fornitura di mascherine, la cui vendita era stata promessa a un prezzo di 50 centesimi. Ma nelle farmacie non c’era traccia di questi dispositivi e le critiche sono cresciute. “Non è il commissario che deve rifornire i farmacisti”, si era giustificato Domenico Arcuri, prendendo di mira le società di distribuzione: “Le farmacie non hanno le mascherine perchè le loro due società di distribuzione hanno dichiarato il falso non avendo nei magazzini i 12 milioni di mascherine che sostenevano di avere”. E aggiunge: “Il prezzo massimo è stato fissato nell’esclusivo interesse dei cittadini, anche per evitare che chi oggi afferma di non avere mascherine e di aver bisogno delle forniture del Commissario, fino a qualche settimana le aveva e le faceva pagare ben di più ai cittadini”.
Dure le parole dell’europarlamentare della Lega, Alessandro Panza, che si scaglia contro Arcuri: “Ora che si è accorto dell’errore, il commissario Arcuri scarica la colpa sui farmacisti che stanno gestendo l’emergenza in prima linea. Questo è inaccettabile: al Governo c’è qualcuno che si prenda una responsabilità, oppure giocano tutti allo scaricabarile? Se il super-mega-commissario non è in grado di trovare le mascherine e garantirne l’approvvigionamento, tolga il disturbo”.
Sugli stessi toni anche Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, che su Twitter scrive: “Mascherine, guanti in lattice, alcol e gel igienizzanti introvabili. Sono finite le scorte, i prezzi aumentano e per i cittadini ancora caos. Ma Arcuri cosa ha fatto in queste settimane? Il governo prenda in mano la situazione e metta una toppa a questa clamorosa falla”.
Questa mattina, nel corso della conferenza stampa, il commissario all’emergenza ha commentato: “Non è il commissario a dover rifornire le farmacie nè i loro distributori, il commissario non si è mai impegnato a farlo”, ha ribadito Arcuri. E ha aggiunto: “Il commissario non deve rifornire gli associati della Confcommercio, della Conad, della Coop e della Federdistribuzione. Si è impegnato in entrambi i casi a integrare ove possibile le forniture che queste categorie si riescono a procurare attraverso le loro reti di approvvigionamento. Se le mascherine ci sono nei supermercati e non nelle farmacie vuol dire che c’è un difetto nella rete di approvvigionamento delle seconde”. Il commissario riferisce che nelle ultime settimane sono state distribuite 36,2 milioni di mascherine, mentre dall’inizio dell’emergenza sono 208,8 milioni i dispositivi di protezione individuali forniti: “Le Regioni nei loro magazzini ne hanno 55 milioni. Le abbiamo date agli ospedali, al personale sanitario e parasanitario, alle forze dell’ordine, al settore della pubblica amministrazione centrale e locale”.
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