Un riscatto milionario ai terroristi: così è stata liberata Silvia Romano
Roma, 10 mag – Quanto ci è costato liberare Silvia Romano, la cooperante milanese rapita in Kenya nel novembre 2018? Svariati milioni di euro, per non parlare delle spese “indirette” legate a quasi due anni di indagini, costruzione di rapporti con le locali agenzie di intelligence, trattative. Un conto salato, grazie al quale l’Italia è però riuscita a riportare a casa la giovane, che sta bene e atterrerà in queste ore all’aeroporto di Ciampino.
La lunga trattativa per liberare Silvia Romano
Era dai giorni immediatamente successivi al rapimento che di Silvia Romano non si avevano, praticamente, più notizie. Le ultime risalivano al Natale di quell’anno, poi – almeno pubblicamente – quasi più nulla. Nel frattempo si rincorrevano voci su una sua possibile morte, che oggi vengono bollate come una strategia per tirare sul “prezzo”: anche se di cifre non si è parlato, è pressoché certo che sia stato pagato un riscatto. Non una novità, d’altronde. Era il 2015 quando per liberare Greta e Vanessa – le due giovani finite in Siria nelle mani di un gruppo legato al al-Qaeda – i nostri servizi avevano messo mano al portafogli per sborsare 11 milioni di euro.
Le trattative sarebbero iniziate lo scorso gennaio, quando agli uomini dell’intelligence tricolore è stato fatto pervenire un video che dimostrava che Silvia Romano era viva. Da lì è partita una triangolazione tra l’Aise, i servizi somali – dal Kenya era stata trasferita proprio nella nostra ex colonia – e quelli turchi, da tempo presenti in loco. Nessun blitz, nessun conflitto a fuoco, pare persino nessun incontro diretto con gli jihadisti di al-Shabaab (anch’essi espressione di al-Qaeda): la cooperante sarebbe stata consegnata da alcuni non meglio precisati “emissari” che avrebbero fatto da tramite con i rapitori.
Quanto abbiamo pagato?
Anche se assisteremo alla più che plausibile negazione del pagamento di qualsiasi riscatto, è indubbio che esso sia avvenuto. Il rapimento di Silvia Romano, d’altronde, sin dall’inizio si presentava come a scopo di estorsione. Nulla quindi giustificherebbe, almeno al momento, la possibilità che siano state percorse strade alternative.
Di che cifre parliamo? Secondo il giornalista di guerra Fausto Biloslavo, che ne scrive oggi su Il Giornale, “solitamente gli ultimi “prezzi” dei nostri connazionali in mano a bande jihadiste variano fra i 3 e i 6 milioni di euro“. Scrivevamo all’epoca di Greta e Vanessa che “uno Stato serio salva i suoi concittadini“. A prescindere dal prezzo da pagare.
Nicola Mattei