“Gli anticorpi in endovena per non attendere il vaccino”
Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri: ha un sogno realizzabile?
«Poter offrire ai malati di Covid anticorpi prodotti da laboratori specializzati da somministrabile in endovena».
Cioè niente più donatori, niente plasma, niente trasfusioni, niente più rischi?
«Ci sono laboratori, come Avantea di Cremona, molto avanti su questa strada e anche i ricercatori del nostro Istituto stanno dando il loro contributo perché questo sogno si possa avverare».
Con lo studio che state portando avanti con l’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo?
«Quella sperimentazione guidata dal dottor Ruggenenti con cui si è potuto separare gli anticorpi dal plasma è la premessa per il prossimo passaggio: un preparato industriale da usare su larga scala ogni volta che la malattia diventa seria, cioè quando impegna il polmone».
Ma è vero che il Covid si è indebolito?
«È cambiato il rapporto del virus con l’ospite, negli ospedali arrivano malati meno gravi. E non succede solo nella bergamasca, dove uno studio americano dice che la metà degli abitanti è immunizzata. Avviene anche in molte altre parti d’Italia. Comunque, se tra dieci giorni i numeri ci diranno che la situazione non è peggiorata, vorrà dire che il virus fa davvero meno paura».
Anche la Sars è svanita in estate. Dicono per il caldo.
«Nessuno ha mai capito perché sia sparita la Sars. Ma il caldo con il Covid-19 sembra c’entri poco. In Africa l’epidemia è in espansione».
Ma se il virus diventa meno contagioso e pericoloso, possiamo allentare la Fase 2 senza aspettare giugno?
«Le misure di contenimento servono, ma bisogna far tornare a lavorare tutti al più presto. Povertà e conflitti sociali sono tra le maggiori cause di malattia e di morte».
Ma il tempo passa e a Roma pensano di far riaprire i ristoranti con tavoli a quattro metri. Che significa: fallimento.
«Studi ci dicono che se uno tossisce le sue goccioline possono viaggiare fino a 2-3 metri. Se a questa distanza le goccioline siano ancora in grado di indurre malattia, dipende da molti fattori, inclusa la carica virale».
Con le terapie innovative potremo fare a meno del vaccino?
«Secondo Science bisognerà fare attenzione fino al 2022 e avere prudenza fino al 2024».
Quindi servirà anche il vaccino…
«Il vaccino non arriverà in tempi brevi. Ci sono buone speranze che per fine anno sia pronto quello americano della casa farmaceutica Moderna o quello italo-inglese di Oxford e Pomezia. Ma anche se il vaccino c’è e funziona poi bisogna prepararlo in enormi quantità. Ed è uno sforzo ciclopico produrne per miliardi di persone».
Se ne parla nel 2021?
«Quando si potrà distribuire su larga scala ci vorranno anni e non è detto che a quel punto il vaccino serva ancora. Se le cose andranno come vanno adesso mi auguro che il virus non ci sia più. Però servirà per la prossima volta o per altri virus».
Se il virus si indebolisce potremo mandare a scuola i bambini a settembre con più serenità?
«Il National Institute of Health ha arruolato 6mila piccoli americani con le loro 2mila famiglie per capire quanto e come contagiano i bambini. E sarà molto utile vederne i risultati. Ma tra sei mesi».
Intanto, mascherine e distanziamento fisico per tutti?
«Le misure di contenimento servono e vanno mantenute».
E fare tanti tamponi servirà?
«Io starei molto attento alla religione del tampone, che serve ed è preziosissimo in certe circostanze, come identificare gli infetti e tracciare i contatti. Ma pensare di fare il tampone a 60 milioni di italiani ha poco senso. Tra l’altro, dopo aver tracciato i contatti devi saperti organizzare per l’isolamento».
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