Tamponi, il governo dorme. Il Veneto aggira l’ostacolo: “Li fanno i medici di base”
Sono pochi, ancora troppo pochi i tamponi effettuati sulla popolazione. Ieri soltanto 64.263 in tutta Italia mentre per ottenere l’apprezzabile risultato di contenere la circolazione del virus isolando subito chi risulta positivo dovremmo viaggiare nell’ordine almeno dei 100mila al giorno.
E in attesa che ci siano indicazioni vincolanti per tutto il territorio e che si velocizzino procedure farraginose che implicano troppi passaggi ogni regione procede in modo diverso. Il Veneto che ha puntato proprio su una politica di tamponi di massa, come consigliato dal direttore del laboratorio di Padova, il professor Andrea Crisanti, in effetti è riuscito ad arginare la diffusione del virus. Per velocizzare ancor di più le procedure quindi il governatore, Luca Zaia, ha deciso di affidare ai medici ed ai pediatri di famiglia l’utilizzo delle procedure per la prescrizione del tampone. Insomma ora i veneti potranno fare il tampone dal medico di base a carico della sanità regionale. Tampone esente da ticket senza che ci sia bisogno dell’autorizzazione delle agenzie di sanità pubblica.
Ed il Veneto è già la regione che al momento ha eseguito il maggior numero di tamponi non in assoluto ma in rapporto alla propria popolazione: circa 500 ogni 10mila abitanti.
La Toscana invece ha puntato tutto sui test sierologici che però per la verità vengono ritenuti inutili per contenere la diffusione dell’epidemia al momento, anche se invece avranno un’utilità in prospettiva per capire la quota della popolazione che ha sviluppato gli anticorpi. Ieri la Toscana ha eseguito soltanto 4.293 tamponi per un totale di 161.553 contro i 439.806 delle Lombardia e soprattutto i 399.806 del Veneto. Il presidente della Toscana, Enrico Rossi spiega che c’è si abbondanza di tamponi ma mancano invece i reagenti per eseguire il test. «Non si può parlare di tamponi se non ci danno anche i reagenti. Al momento possiamo attestarci su 6-7000 tamponi al giorno fra noi e il privato- spiega Rossi- ma ci sentiremmo sicuri se avessimo materiale per fare 8-10 mila tamponi: ci piacerebbe che a livello nazionale non facessero a scaricabarile».
In Toscana dunque la scelta è caduta sui test sierologici che potranno essere eseguiti dai medici di famiglia. «Il medico può decidere di usarlo come verifica di post-malattia, ordinandolo come fa con qualsiasi altra prescrizione di prelievo del sangue. – spiega Rossi – Bisogna andare agli uffici che fanno il prelievo: in 10 minuti si ha l’esito». Il punto è che se il test è positivo sarà comunque necessario eseguire il tampone di conferma per il quale si dovrà prendere appuntamento con i servizi di igiene pubblica. Obiettivo dei test sierologici è «uno screening di massa» precisa il governatore toscano. Dai primi risultati su circa 120mila test eseguiti emerge che ogni 10mila esami la percentuale di persone entrate a contatto con il coronavirus è 300. Quando poi vengono sottoposte a tampone vengono individuati in media una cinquantina di positivi.
Nel Lazio invece si punta anche sui tamponi in modalità «drive in»: effettuati in postazioni attrezzate sulla strada così da non far scendere il possibile caso sospetto. Attualmente se ne fanno mille al giorno.
In arrivo anche un altro tipo di test tramite saliva. Anche per questo però occorrerà un validazione a livello nazionale perché possa essere considerato affidabile soprattutto per un eventuale «patente di immunità» che al momento è ancora un miraggio. È frutto di una ricerca dell’Università dell’Insubria e l’Asst dei Sette Laghi di Varese. Il principio è simile al test di gravidanza: su una piccola striscia di carta assorbente si applica qualche goccia di saliva diluita con una soluzione apposita e in pochi minuti il risultato: se si forma una banda il soggetto è negativo, se si formano due bande è positivo.
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