La “fase 2” degli scafisti
In Italia è oramai boom di sbarchi da parte dei migranti. Circa mille i nuovi arrivati nell’ultimo mese per una cifra destinata a salire nei prossimi giorni. Una situazione allarmante che non lascia presagire nulla di positivo nemmeno in un difficile momento quale quello della pandemia da coronavirus.
Se nella fase iniziale dell’emergenza sanitaria coincidente con i primi giorni di marzo, i flussi degli arrivi avevano subito una battuta d’arresto, non è stato così nei periodi a seguire. Per la precisione, fino alla prima decade di marzo non era stato registrato nessun arrivo:tutto fermo dopo l’approdo della nave Sea Watch 3 il 27 febbraio scorso a Messina.
Dopo questo episodio e, fino al 10 marzo, uno stop. Era questa la data in cui l’Italia in piena emergenza pandemica, adottava le misure restrittive in tutto il suo territorio per blindarsi da nuove cause di contagio. La situazione di calma dal punto di vista degli approdi autonomi è stata solamente apparente se si considera che poco dopo, sempre nello stesso mese, sono arrivati ben 241 migranti. Un dato di non poco conto sia perché è stato registrato nel periodo clou dell’emergenza sanitaria, sia perché paragonandolo al dato di marzo dello scorso anno differisce in difetto per solo pochi numeri: erano infatti 262 i migranti che sono giunti nelle coste italiane con degli sbarchi autonomi.
Ed ecco che ad aprile il fenomeno è esploso completamente: 671 arrivi contro i 255 dello scorso anno con un’isola di Lampedusa, già martoriata e trovatasi in difficoltà a dover fronteggiare la nuova emergenza. Era infatti l’8 aprile scorso quando il sindaco Salvatore Martello, trovandosi di fronte alle prime centinaia di presenze “inaspettate” aveva lanciato un grido di aiuto al ministro degli Interni Luciana Lamorgese chiedendo delle navi quarantena per ospitare gli extracomunitari senza correre il rischio di ulteriori casi di contagio. Pochi giorni dopo infatti, come si ricorderà, vi è stato il caso di un migrante egiziano di 15 anni che, dopo essere arrivato a Lampedusa, trasferito a Porto Empedocle e da lì nell’hotspot di Pozzallo, è risultato positivo al Covid-19 suscitando preoccupazioni circa i protocolli di sicurezza dal punto di vista sanitario. Un lungo mese quello di aprile fatto di appelli e richieste di aiuto al governo da parte dei sindaci e del presidente della Regione siciliana che, a tutt’oggi, aspettano ancora risposte concrete. Tra questi arrivi vi sono poi da considerare quelli avvenuti attraverso le Ong, i 156 migranti soccorsi dalla Alan Kurdi e i 36 della Aita Mari.
E adesso si preannuncia uno scenario drammatico se si considera che in questi primi giorni di maggio sono giunti a Lampedusa circa 350 migranti e una quarantina attraverso uno sbarco fantasma a Torre Salsa, in provincia di Agrigento. Altre decine sono tutt’ora riuscite a fuggire. Sindaci e cittadini dell’agrigentino, il territorio più esposto agli sbarchi, da più di un mese sono sul piede di guerra. I numeri preoccupano, specie perché l’emergenza coronavirus non è ancora del tutto finita.
Una repentina risalita, quella relativa al numero delle persone approdate irregolarmente nel nostro Paese, favorita anche dalle nuove rotte operate dall’altra parte del Mediterraneo. Qui negli ultimi giorni si sta assistendo ad un incremento di partenze dalla Tunisia. Ma, contestualmente, chi è poi arrivato a Lampedusa ed in Sicilia non sempre è tunisino. Anzi, nella maggior parte dei casi sono stati identificati anche migranti provenienti dall’Africa sub sahariana.
Si tratta cioè di persone solitamente accostate alle rotte libiche dell’immigrazione. Dalla Libia infatti, raramente partono cittadini del Paese nordafricano ma, al contrario, ad imbarcarsi sono quei migranti arrivati lungo le coste libiche dal Sahel e di altre regioni al di là del deserto del Sahara. Il fatto che adesso ivoriani, nigeriani e cittadini di varie nazionalità si imbarchino dalla Tunisia sta ad indicare come, per recuperare più in fretta i soldi persi a marzo, scafisti e criminali abbiano iniziato a puntare sempre più sulle rotte tunisine. Queste ultime da sempre offrono maggiori garanzie, in primo luogo di natura logistica: la distanza tra la Tunisia e Lampedusa è minore che dalla Libia, questo a sua volta si traduce in minori costi e minori rischi per la sicurezza. Poi c’è anche un altro aspetto da non sottovalutare: nell’ovest della Libia, la zona cioè del Paese più interessata dalla presenza delle organizzazioni criminali che lucrano sul traffico di esseri umani, la guerra sta assumendo nelle ultime settimane un’intensità sempre maggiore.
Dunque diversi porti e diverse spiagge da cui solitamente era possibile far partire decine di barconi, per il momento non sono frequentabili o raggiungibili. O comunque, non danno le stesse garanzie che invece possono dare le più isolate lande costiere tunisine. Per tal motivo, scafisti e trafficanti stanno trasferendo centinaia di migranti dalla Libia al confinante Paese nordafricano. Lo si è notato ad esempio lo scorso 20 aprile, quando il governo di Tunisi ha aperto i confini per permettere il passaggio di diversi lavoratori tunisini che volevano tornare in patria dopo l’aumento degli scontri nella zona di Sabratha. Tra le decine di persone che sono riuscite ad oltrepassare le frontiere, anche numerosi migranti provenienti dall’Africa sub sahariana.
Ma non è la prima volta che è possibile notare questo fenomeno. Già a settembre alcuni report dei servizi segreti italiani parlavano di “strani movimenti” tra Libia e Tunisia, evidenziando la possibilità di un’inquietante collaborazione tra organizzazioni criminali libiche e tunisine. Anche in quel caso, a far emergere i sospetti sono stati gli approdi a Lampedusa di barconi sempre più grandi e con sempre meno tunisini a bordo.
La convivenza tra trafficanti tunisini e libici non è quindi un dato riscontrabile soltanto in queste ultime settimane. Tuttavia, oggi potrebbe portare a maggiori preoccupazioni specialmente per l’Italia. In vista della bella stagione, il fatto che centinaia di migranti vengano portati in Tunisia potrebbe essere premonitore di mesi contrassegnati da approdi giornalieri, a Lampedusa come nel resto della Sicilia. Anche perché, come detto, gli scafisti hanno necessità di recuperare il business perso nelle settimane in cui l’emergenza coronavirus a marzo ha contribuito a far diminuire gli sbarchi.
Anche per i trafficanti cioè è iniziata la “Fase 2”. Stanno ripartendo anche loro e questo per l’Italia vorrebbe significare le scene sopra descritte già riscontrate in Sicilia, tra caos nell’accoglienza e territori costretti a vivere con una doppia emergenza: quella sanitaria e quella, per l’appunto, migratoria.
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