Via il virus con una trasfusione: “Si guarisce dopo sole 48 ore”
Una trasfusione di plasma dei soggetti guariti dal Covid-19. In alcuni ospedali lombardi sono stati curati così alcuni pazienti in gravi condizioni, a causa dell’infezione da nuovo coronavirus.
È una terapia d’emergenza, sperimentata per cercare di salvare i malati critici.
La terapia consiste nella trasfusione di plasma iperimmune, donato dai pazienti guariti dal Covid-19, e infuso direttamente nelle vene dei pazienti ricoverati. È la tecnica usata al Policlinico San Matteo di Pavia e all’ospedale Carlo Poma di Mantova, dove alcuni malati sono stati sottoposti a questa terapia. “I risultati visti nei casi singoli sono stati sorprendenti”, ha detto ad AdnKronos Massimo Franchini, responsabile dell’Immunoematologia e Medicina trasfusionale del Poma, che ha spiegato come nei giorni della sperimentazione “si sono potute osservare molte cose. Prima di tutto il tipo di paziente su cui l’immunoterapia passiva funziona, ovvero colui che ha già una sindrome da distress respiratorio di grado medio-severo e ha avuto l’insorgenza della malattia da meno di 10 giorni”. Infatti, “la precocità dell’intervento sembra decisiva nella terapia col plasma”. E, in questi casi, il miglioramento avviene “da poche ore a pochi giorni”.
A livello internazionale sono diversi i trial clinici in corso e, in tutta la Lombardia, si potrebbe arrivare fino a 500 pazienti. A Mantova, questo approccio è stato sperimentato su 25 malati, compresa una donna in gravidanza. Nonostante i risultati siano “sorprendenti”, Franchini avvida che “occorre un’analisi completa su tutti i pazienti prima di trarre le conclusioni”.
Il paziente candidato a questo tipo di trattamento è quello malato di Covid-19, con un’insufficienza respiratoria media o seria, a rischio peggioramento, che viene assistito nella respitazione. Su questi soggetti, che devono aver sviluppato la malattia da non più di 10 giorni, la trasfusione del plasma iperimmune sembra avere un effetto positivo, portando al miglioramento delle condizioni cliniche.
Ma la terapia risulta impegnativa fin dalla selezione dei donatori: “Da 100 potenziali candidati non ne ricaviamo più di 30 adatti – spiega Franchini -Questo perché dobbiamo avere pazienti guariti da almeno 2 settimane e con tamponi negativi, che non abbiamo co-morbidità e siano idonei a donare il plasma. Insomma, devono essere persone sane, che hanno contratto Covid-19 e sono guarite”. Ma non solo. I donatori, infatti, “devono avere un livello di anticorpi sufficiente per la donazione”. Non c’è il rischio, però, che con la trasfusione si possano trasmettere malattie infettive: “Il plasma prodotto in questo modo è sicuro e la possibilità che trasmetta malattie infettive è pari a zero”.
“Si tratta di una terapia di emergenza- precisa Franchini- ma noi abbiamo realizzato un protocollo d’emergenza: si tratta di un lavoro rigoroso che segue le indicazioni del Centro nazionale sangue. Il risultato è una terapia specifica e mirata, all’insegna della massima sicurezza”. Secondo quanto riporta Libero, il protocollo prevede infusioni da 200 a 600 ml di plasma una volta al giorno per tre giorni.
Così, dal plasma dei pazienti guariti sembra farsi strada una speranza in più per combattere il nuovo coronavirus, anche se per trarre conclusioni certe è ancora presto. Per confermare la validità di tale terapia servirebbe un numero di pazienti maggiore, che dimostrino il miglioramento e la guarigione grazie a questa cura.
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