La mappa del “rischio contagio”: dove può “riesplodere” il virus
La Fondazione Gimbe ha sottolineato che la situazione è ancora instabile in almeno 3 regioni e una provincia, nelle quali si sarebbe ancora nella fase1.
Con la riapertura da lunedì 4 maggio, e quindi con il ritorno al lavoro di circa 4,5 milioni di italiani, proprio queste zone rischiano di ritornare in brevissimo tempo a una situazione allarmante. Infatti, proprio in queste regioni, che sono Piemonte, Lombardia, Liguria e la provincia autonoma di Trento, si concentra il maggior numero di lavoratori che riprenderanno la propria attività da lunedì prossimo.
La situazione a 4 giorni dalla riapertura
Come riportato da il Corriere, i dati derivati dallo studio della Fondazione Gimbe si riferiscono alla settimana tra il 22 e il 29 aprile. In questi giorni i casi totali in Italia sarebbero aumentati dell’8,7% e i decessi avrebbero fatto segnare un incremento del 10,4%. Meglio i ricoverati con sintomi, che sono calati del 19,3% e i pazienti in terapia intensiva, addirittura -24,7%. Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ha spiegato che “a quattro giorni dall’avvio della fase 2 il nostro monitoraggio indipendente documenta un ulteriore alleggerimento del carico degli ospedali e in particolare delle terapie intensive. Tuttavia, sul fronte di contagi e decessi, nonostante il progressivo rallentamento, il numero dei nuovi casi non ha raggiunto quella prolungata stabilizzazione propedeutica alla ripartenza secondo le raccomandazioni della Commissione Europea”.
Anche le Marche preoccupano ancora
Insomma, non un bel quadro se si tiene conto che siamo alla vigilia di una specie di ritorno alla normalità. Almeno per quanto riguarda le regioni del Nord, nelle quali si concentra l’80% dei casi in più e dove vi è il maggior numero di persone che rientreranno al lavoro dal 4 maggio. Il rischio che si torni a una situazione di emergenza è quindi altissimo. Lo studio ha preso in considerazione due indicatori: il numero totale dei contagiati ogni 100.000 abitanti e l’aumento percentuale dei casi negli ultimi sette giorni. Piemonte, Lombardia, Liguria e Trentino non sono ancora fuori dalla fase1 e quindi non risulterebbero ancora pronte per affrontare la fase2. In particolare, la Liguria con un incremento del 14% e il Piemonte del 13,7 sono molto al di sopra della media nazionale dell’8,7%. In questa ottica, al Nord, solo il Friuli Venezia Giulia si salva. Sicilia e Lazio sono relativamente tranquille, mentre fuori da situazioni di rischio si collocano tutte le altre regioni del centro-sud, tranne le Marche.
Secondo Cartabellotta, “con questo quadro epidemiologico, se dal 4 maggio alcune aree dovranno sottostare a restrizioni eccessive che favoriscono autonome fughe in avanti, come dimostra il caso Calabria, per altre la riapertura avverrà sul filo del rasoio perché dei 4,5 milioni di persone che torneranno al lavoro la maggior parte si concentra proprio nelle Regioni dove l’epidemia è meno sotto controllo. E, soprattutto, occorre essere consapevoli che l’eventuale risalita della curva dei contagi sarà visibile non prima di 2 settimane”. Le tesi degli studiosi non sono in accordo con le motivazioni economiche. Per questo le decisioni politiche riguardanti la fase 2 non sono state altro che un compromesso tra le due parti. Se fossero state date disposizioni differenti a seconda delle regioni, ci sarebbe stata una protesta generale.
Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità, ha detto oggi in conferenza stampa che “La curva continua a decrescere sia come numero di sintomatici che di casi. Il numero delle regioni dove i casi sono limitati sta aumentando progressivamente, a conferma dei risultati delle misure adottate. RT in tutte le regioni è sotto l’1 anche considerato il range con le ipotesi più pessimistiche. Questo è un dato molto positivo ed è la conseguenza delle misure e dell’adesione dei cittadini”.
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