“Conte ci vuole morti, non possiamo aspettare il 1°giugno”: rivolta di parrucchieri ed estetisti

“Solo un maschio poteva annunciare la riapertura dei parrucchieri il primo giugno. Cioè un lunedì”. La scrittrice Nadia Terranova si limita a una battuta ironica sull’annuncio da parte di Giuseppe Conte del primo giugno come giornata di riapertura dei parrucchieri. Ma sul web monta una vera e propria rivolta, alimentata anche dalle indiscrezioni che fino alla vigilia del discorso del premier parlavano del 18 maggio come possibile data per la riapertura dei saloni di bellezza. “Ma Conte il calendario l’ha visto???”, sbotta un utente, alludendo al fatto che, dopo il primo giugno, c’è il 2 giugno che è un festivo.

Rabbia dei parrucchieri: “Il primo giugno è lunedì e il 2 è festa…”

Insomma, sembra una presa per i fondelli. E infatti il settore è sulle barricate. Moltissimi saloni sono a conduzione familiare. Moriranno. Di fronte al proliferare di battute, foto di capelloni alla Cugini di Campagna e vignette, che hanno fatto schizzare l’hashtag #parrucchieri ai primi posti nelle tendenze Twitter in Italia, c’è chi riporta la questione su un terreno dolorosamente concreto: “Voi scherzate ma i parrucchieri rischiano davvero di chiudere e molti di perdere il lavoro. Non si può tenerli chiusi ancora per un mese”.

Riapre il gioco d’azzardo ma bar, ristoranti e parrucchieri restano chiusi fino all’1 giugno, cioè al 3. Tre mesi e mezzo senza incassi: ma chi li regge? “Si fissino criteri, distanze, capienze massime, ma si dia a questi operatori la possibilità di tornare al lavoro”, sottolineano da più parti. “Il 1 giugno riaprono i parrucchieri, peccato non esisteranno più perché saranno tutti falliti”, scrive sui social  la giornalista di ‘Quarto Grado’ Sabrina Scampini.

“Mi spiegate la differenza di pericolo di contagio, tra uno che entra in metropolitana o sul bus e un cliente che entra su prenotazione, con le dovute precauzioni, in un salone di parrucchieri? Mi direte, è un lavoro di contatto ravvicinato: perché in metrò entri da solo?”. Monta la rabbia.

C’è chi ne fa una questione territoriale: “Trattare in ugual misura il parrucchiere lombardo e quello del Molise o della Basilicata è da pazzi. Applicare alla stessa maniera disposizioni in Regioni come la Lombardia con 72889 contagi e Regioni come il Molise con 296 contagi è follia allo stato puro”.

“Moriremo prima di aprire”

“Tutto il settore andrà in mano agli abusivi, così al lavoro nero aggiungiamo il problema sanitario”. Lo afferma Marzia Mancini, estetista fiorentina. Che racconta la rabbia
della categoria il giorno dopo l’annuncio della chiusura prolungata. Nell’area fiorentina sono 2.500 le imprese del settore benessere. In tre mesi, marzo aprile  e maggio, si stima una perdita economica di 21 milioni di euro; pari a quasi il 20% del fatturato annuo, senza contare le ripercussioni sull’occupazione.

”La situazione è drammatica. Siamo pronti a manifestare nonostante le restrizioni – commenta Claudio Barbetti, presidente Benessere Confartigianato Firenze – . L’intero comparto è già in estrema difficoltà e l’intensificazione delle pratiche abusive, con estetiste  e parrucchieri a domicilio ad esempio, rende la situazione non più
controllabile. Il mix di lockdown e concorrenza sleale sta generando già ampie perdite e con il protrarsi della chiusura la quota di mercato regolare erosa dal sommerso non può che aumentare”.

Da tutta Italia pervengono le grida di dolore.  “La maggioranza dei parrucchieri e degli estetisti rischia di non aprire più i battenti, altro che riavvio il primo giugno. Occorre
subito ripensare l’agenda e intervenire urgentemente al sostegno economico di un settore pronto alla rivolta”, spiega l’Unione Artigiani di Milano e di Monza-Brianza.

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