Coronavirus, Tito Boeri: centri per immigrati nuovi focolai dell’epidemia. Nessuno indaga
Ah, benvenuti nel club. Se ne sono accorti anche a sinistra che i centri per migranti rischiano di diventare brodi di coltura del virus, covi di Covid, focolai pericolosi per la loro salute e per la nostra.
Se ne sono accorti anche da quelle parti che i prossimi vettori dell’ infezione verosimilmente saranno richiedenti asilo e immigrati irregolari; e che i luoghi dove vivono o sono accolti potrebbero trasformarsi in bombe sanitarie, oltre che sociali.
Ieri lo ammetteva pure Tito Boeri, l’ ex presidente dell’ Inps, che in un fondo su Repubblica notava come l’ allarme contagio ora derivi dagli invisibili, da chi vive «nelle case occupate e nei centri di accoglienza», «chi non ha un proprio spazio privato separato da quello pubblico, chi convive in pochi metri quadri con persone sempre diverse». Insomma, dai 650mila immigrati clandestini e dalle migliaia di richiedenti protezione internazionale.
Il caso di Verona – E lo diceva con cognizione di causa, sulla base degli ultimi fatti di cronaca, a cominciare da quanto accaduto nel Centro di accoglienza straordinaria (Cas) di Verona, dove ben 100 migranti su 140 ospiti sono stati trovati positivi al coronavirus: la struttura per presunti profughi trasformata in un lazzaretto. Come potrebbe diventare il centro di accoglienza di Torre Maura a Roma, in cui due migranti sono risultati affetti da Covid-19 e si è scatenata una rivolta degli altri ospiti, insofferenti all’ idea di essere costretti alla quarantena ed evidentemente preoccupati all’ idea di contagiarsi: a suon di materassi e lenzuola bruciati e di finestre rotte, hanno scatenato la loro “democratica” protesta Azione non troppo dissimile da quella andata in scena nel centro di accoglienza di Arluno, in provincia di Lecco, in cui un richiedente asilo è stato trovato positivo al virus e gli altri migranti hanno colto l’ occasione per protestare contro la mancanza di mascherine e misure di sicurezza: si sono barricati così dentro la struttura, bloccando anche due operatrici, fino all’ arrivo salvifico delle forze dell’ ordine.
Questi e altri episodi ispirano a Boeri e a Repubblica la convinzione che l’ unica soluzione sia «regolarizzare gli immigrati illegali», concedere loro il diritto di risiedere e lavorare legalmente nel nostro Paese per evitare che continuino a vivere «in promiscuità».
Quasi che la sanatoria corrisponda automaticamente a una sanificazione degli luoghi in cui vivono. Chi ce lo dice invece che un immigrato, una volta regolarizzato, non continui ad abitare a stretto contatto con altri migranti, in ambienti promiscui? Chi ci assicura che un cambio di status coincida con un cambio delle sue abitudini?
Controlli urgenti – Il contagio crescente nei centri di accoglienza migranti dovrebbe piuttosto darci un’ altra lezione. E insegnarci che occorrerebbero controlli urgenti, mirati e capillari all’ interno di questi luoghi dove gli immigrati sono ammassati. Ci vorrebbero ispezioni da parte delle prefetture su mandato del ministero dell’ Interno. E, forse, non guasterebbe l’ apertura di fascicoli di indagine da parte delle procure per scovare eventuali responsabili. Esattamente come capita per le Rsa, i centri anziani, ora nell’ occhio del ciclone per aver ospitato pazienti Covid ed essere diventati focolai di infezione.
Ebbene, nei centri per migranti bisognerebbe adottare le stesse misure e porsi domande analoghe: chi non ha fatto i dovuti controlli sulla possibile presenza di contagiati? Chi non li ha distanziati a tempo debito dagli altri ospiti? E chi continua a tenerli colpevolmente assembrati, facilitando così nuovi contagi? Sennò c’ è il rischio di un doppiopesismo, di verifiche e inchieste portate avanti solo dove ci sono ragioni politiche per farle.
Stato di eccezione – Aggiungiamo un ulteriore aspetto. Una volta finita l’ emergenza globale e una volta guariti e messi in sicurezza gli immigrati illegali, l’ unica cosa saggia da fare non sarebbe regolarizzarli, ma al contrario espellerli, come pretende la legge. Difficile farlo? Forse. Ma ciò non deve essere la scusa perché in uno stato di eccezione la violazione delle regole diventi la norma. O addirittura un titolo di merito da premiare.