La mortalità? È sotto la media: “Il modello lombardo ha retto”
Il modello lombardo ha retto. È quanto emerge da uno studio dei ricercatori di Igiene e Sanità pubblica dell’università Vita-Salute San Raffaele.
Secondo gli scienziati, infatti, i tassi di mortalità per coronavirus in Lombardia sono al di sotto della media, rispetto alle altre aree studiate.
Il lavoro, condotto nell’ambito di un progetto europeo Horizon 2020 sul Covid-19, analizza la diffusione dei contagi in sei zone metropolitane con caratterische simili: si tratta di grandi agglomerati, simili per demografia, densità e spostamento di persone, che hanno consolidati contatti con la Cina. I ricercatori hanno preso in considerazione l’area metropolitana di New York, che conta 8,6 milioni di abitanti, la regione di Parigi, l’Île-de-France con 12,3 milioni, la Greater London con 9,3 milioni, l’area di Bruxelles-Capital (1,2 milioni), la Comunidad autonoma di Madrid (6,6 milioni) e la Lombardia, con i suoi 10 milioni di abitanti.
Lo studio analizza le sei aree, prendendo in considerazione le misure di contenimento adottate e il ruolo del sistema sanitario. “Il nostro lavoro- spiega Carlo Signorelli, ordinario di Igiene e Salute pubblica all’ateneo Vita-Salute e primo autore dello studio-evidenzia come si sia imposto un ‘falso mito’ che attribuisce alla Lombardia un eccesso di mortalità da Covid-19”. Infatti, secondo i dati raccolti dai ricercatori e riferiti da AdnKronos, “i tassi cumulativi di mortalità più alti, a 30 giorni dall’inizio dell’epidemia, sono stati registrati nelle aree di New York (81,2 per 100 mila) e Madrid (77,1 per 100 mila), mentre la Lombardia (41,4 per 100 mila) è sotto la media ed è l’unico caso in cui la metropoli capoluogo (Milano) non sia stata investita massicciamente dall’onda epidemica”.
L’epidemia di coronavirus si è diffusa maggiormente a New York e Madrid, “mentre la regione Lombardia, prima area occidentale ad essere interessata dall’epidemia e quindi potenzialmente meno preparata, ha mostrato dati complessivi di mortalità alti in termini di casi, ma inferiori, in proporzione alla popolazione residente, a tre delle altre aree considerate e con un tasso di mortalità cumulativa al 30esimo giorno inferiore rispetto alla città metropolitana di New York, alla Comunidad Autonoma di Madrid e alla provincia metropolitana di Bruxelles”. Questo può essere dovuto al fatto che la pandemia abbia colpito prima aree vicine al capoluogo. E alla difesa di Milano potrebbero aver contribuito due fattori: “Da un lato l’efficacia e la tempestività dei provvedimenti di contenimento e mitigazione delle autorità pubbliche, che hanno ridotto gli assembramenti e quindi il rischio di contagio, dall’altro l’efficacia e la sicurezza delle cure erogate dalle strutture ospedaliere che hanno ricoverato i pazienti Covid-19”.
Per quanto riguarda i sistemi sanitari, quelli pubblici che hanno sottoscritto accordi con strutture privare “per far fronte all’aumentata richiesta di assistenza, l’abbassamento e la dilazione della curva epidemica” avrebbero raggiunto migliori risultati. In tutte le sei aree analizzate, le cure sono state erogate gratuitamentie ma, sottolinea Signorelli, “Lombardia e Greater London potrebbero aver combinato all’efficacia dei sistemi ospedalieri il fatto di avere sistemi sanitari pubblici”.
“Questi dati – conclude il primo autore dello studio- dicono che non esiste un ‘caso Lombardia’ quanto ad eccesso di mortalità e che il rapido adeguamento della rete ospedaliera, unito alle accortezze osservate dai cittadini e ai lockdown imposti dalle istituzioni, ha saputo limitare la diffusione dell’epidemia nell’area a più alta densità abitativa”.
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