Quelle sette donne leader che guidano i Paesi migliori contro il Covid
Tra i Paesi che hanno resistito meglio alla pandemia da coronavirus, 7 hanno una cosa in comune: sono governati da leader donne. Quattro sono le nazioni nordiche, spesso lodate per il loro modo di agire: si tratta di Islanda, Finlandia, Norvegia, Danimarca. Due, invece, sono Paesi piccoli, ma molto vicini all’epicentro dell’epidemia: Taiwan e Nuova Zelanda.
E l’ultimo è uno degli Stati europei con maggior numero di contagi, ma con bassa mortalità: la Germania.
Angela Merkel
“Il virus è fra noi – aveva detto la Merkel – nessuno è immune e non ci sono al momento vaccini o terapie. Fino a quando non li troveremo dobbiamo mettere in conto che il 60%-70% della popolazione tedesca verrà infettata”. E ora, la mortalità tedesca risulta molto più bassa di quella di altri Paesi europei, anche molto vicini alla Germania. Il “modello tedesco”, però, non convince tutti, dati i sospetti intorno al conteggio dei contagiati e delle vittime. Ma il motivo della bassa mortalità potrebbe derivare anche a una buona capacità del sistema sanitario di assorbire i pazienti: come ricordava il Corriere della Sera, in Germania, all’inizio, c’erano 28mila unità di terapia intensiva. Un mese dopo l’emergenza, inoltre, il sistema tedesco ha disposto altri 40mila posti in rianimazione.
Tsai Ing Wen
Il successo del Taiwan, dove i casi di Covid-19 sono 395 e i decessi 6, si deve, invece, alle numerose misure messe in atto già da gennaio, per evitare il contagio. Si tratta di 124 norme restrittive, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, tra cui controlli sugli aerei in arrivo dalla Cina, già a partire da fine dicembre, quando sono arrivate le prime informazioni, aumento della produzione di mascherine e tracciamento dei contagiati. Niente lockdown né restrizioni sugli spostamenti. Il governo, inoltre, ha imposto una quarantena di 14 giorni per chiunque ritornasse dall’estero.
Jacinda Ardern
In Nuova Zelanda, invece, per contenere il contagio, il premier Ardern ha adottato misure “dolorose”: nel Paese, infatti, è stato annunicato il lockdown, nonostante l’importanza del turismo per l’isola. Dal 13 marzo, la Ardern ha adottato un piano di gestione, che prevedeva due settimane di quarantena per chi arrivava dall’estero, spostamenti regionali sconsigliati, isolamento dei casi positivi e tracciamento. Poi, il 19 marzo ha chiuso le porte del Paese ai visitatori e il 23 marzo ha chiesto il lockdown per 4 settimane. Così, ora, in tutta la Nuova Zelanda ci sono solo 9 morti. Questa mattina, il premier ha avvertito che le misure verranno allentante, ma che non ci sarà un ritorno veloce alla normalità. Il 20 aprile, il governo valuterà la riapertura di alcuni settori dell’economia.
Erna Solberg
La Norvegia proverà a ripartire dal 20 aprile, alleggerendo le misure restrittive, con la riapertura delle scuole materne, seguita da quella degli altri istituti. Alcune aziende che avevano interrotto l’attività potrebbero riaprire in aprile e si potrà tornare nelle seconde case, fuori dal comune di residenza. Al contrario della vicina Svezia (dove il leader ha deciso di non adottare il lockdown), che conta oltre 1.200 morti, in Norvegia le vittime del coronavirus sono solamente 150, complici le misure adottate fin da subito. Il premier Solberg è stato l’unico a rivolgersi direttamente ai bambini, in conferenza stampa, per spiegare loro il difficile momento che il Paese stava affrontando.
Mette Frederiksen
Misure drastiche anche in Danimarca. Scuole chiuse fin dall’inizio dell’epidemia, quando i casi erano ancora pochissimi, stop anche alle frontiere e divieto di assembramento nei luoghi pubblici. A partire da ieri si va verso la ripresa, ma la fase due dovrebbe prendere il via il 10 maggio, con la riapertura di bar, ristoranti e centri commerciali. Per il momento, sta riaprendo qualche classe scolastica, come le scuole materne e le elementari. Resta il divieto di assembramento. Ad oggi, in Danimarca si contano 6.681 casi positivi al Covid-19 e 309 decessi.
Sanna Marin
Nominata premier a dicembre, Sanna Martin ha subito dovuto fare i conti con la gestione della Finlandia durante una pandemia mondiale. Ad aiutare il Paese, secondo il New York Times sarebbero state anche le numerose scorte di beni di prima necessità, tra cui anche mascherine e camici. Si tratta di una tendenza che risale alla Guerra Fredda e che, in Finlandia, è rimasta come abitudine. Inoltre, Martin ha adottato una serie di misure restrittive, per cercare di contenere i contagi. Il risultato, ad oggi, è di 3.237 contagiati e 72 morti. Ieri, il governo ha annunciato un parziale allentamento delle misure di contenimento, permettendo gli spostamenti da e per la regione più popolosa del Paese, quella dove si trova Helsinki. “Abbiamo deciso di sollevare queste restrizioni perché si ritiene che non esistano più i motivi legali per le temporanee restrizioni di movimento”, ha detto il premier Sanna Marin. Resta l’invito a evitare spostamenti non essenziali e il mantenimento della distanza siciale. Restano chiuse le scuole, i bar e i ristornati e fino al 31 maggio sono vietate riunioni con più di 10 persone.
Katrín Jakobsdóttir
In Islanda, la leader Jakobsdóttir ha deciso di combattere il virus offrendo tamponi gratuiti a tutta la popolazione. La metà delle persone che finora vi si sono sottoposte sono risultate asintomatiche, a testimonianza dei casi sommersi nei Paesi che fanno tamponi solo a chi presenta gravi sintomi. Per il momento, in Islanda i morti per coronavirus sono solamente 8, mentre i contagiati sono 1.727. Per la riapertura si guarda al 4 maggio, quando dovrebbero essere riaperti licei e università, piccole imprese e esercizi commerciali, compresi parrucchieri e centri estetici. Rimarranno chiusi bar ristoranti e palestre.
Ma non basta una leadership femminile per avere maggior successo nella gestione del Paese in questo momento critico. Ne è un esempio il Belgio, guidato da Sophie Wilmes. Lì, i casi sono 33.573 e le vittime di Covid-19 oltre 4.400.
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