Coronavirus, la polmonite è residuale: la maggior parte dei pazienti muore per embolia, il ruolo dell’eparina
Abbiamo a che fare con il coronavirus in Italia da quasi due mesi, la battaglia è molto lontana dall’essere vinta, tanto che i contorni della Fase 2 continuano ad essere incerti. Tanto che, ancora ad oggi, molti aspetti del Covid-19 non ci sono chiari. Tanto che solo negli ultimi giorni, dopo due mesi di battaglia senza tregua nei reparti Covid degli ospedali di tutta italia, medici, infermieri e personale si sono fatti un’idea precisa sull’infezione: la polmonite interstiziale, di cui tanto si parla, sarebbe soltanto la punta dell’iceberg di questa maledetta malattia.
Come sottolinea Il Giornale, nei casi più gravi e dunque letali, quella che si scatena è una tempesta infiammatoria che va a coinvolgere più organi. Dunque, la morte dei pazienti nella maggior parte dei casi non avviene per asfissia, ma principalmente per un’embolia. Ed è questa la ragione per la quale nei reparti Covid, sempre più, si usa l’eparina, una fluidificante del sangue a basso peso molecolare su cui si stanno concentrando gli ultimi sforzi e le ultime ricerche della comunità scientifica.
Anche l’agenzia del farmaco Aifa ha preso atto di queste terapie sempre più utilizzate e sollecita “l’urgente necessità di studi randomizzati che ne valutino efficacia clinica e sicurezza”. Con il coronaviurs si scopre tutto giorno per giorno, sul campo di battaglia, ma è necessario scrivere un protocollo che chiarisca alcuni punti: per quali pazienti è eventualmente raccomandabile? A quali dosaggi e in quali forme possono assumere eparina? Domande a cui è necessario trovare una risposta il più in fretta possibile.