Coronavirus, a Roma la Cei regala cibo ai rom con l’aiuto del comune di Roma
Roma, 14 mar – Papa Francesco ha riscosso grandi consensi anche dai cattolici “perplessi” grazie all’evocativa benedizione Urbi et orbi in una piazza San Pietro deserta e battuta dalla pioggia. Qualche giorno dopo, però, ci ha tenuto a ricordare che i populisti parlano come Hitler, mentre nelle sue fila (a partire dagli ideologi della Comunità di Sant’Egidio) si pressa sull’acceleratore per fare regolarizzare tutti gli immigrati e la Cei, a una Roma piegata dal coronavirus organizza un bel “Progetto per la fornitura straordinaria di generi di prima necessità per le famiglie dei campi e degli insediamenti rom”.
Diocesi di Roma, Migrantes e Caritas per i rom
L’iniziativa è della diocesi di Roma, svolta attraverso l’Ufficio Migrantes e Caritas diocesano, assieme ad alcune parrocchie ed associazioni di volontariato. Il vescovo ausiliare di Roma e delegato per la Carità e la pastorale Migrantes, mons. Gianpiero Palmieri, approfitta della “beneficenza” per esprimere alcuni pareri mai disinteressati: “Le leggi restrittive approvate dal precedente Governo, con le quali si rendeva difficile se non impossibile il rinnovo del permesso di soggiorno, visto il venir meno dei motivi umanitari, hanno spinto molte persone negli alloggi di fortuna o ad ingrossare le fila dei senza fissa dimora”: a questi individui si aggiungono anche gli italiani ridotti sul lastrico, verrebbe da aggiungere.
Lo screening immediato agli immigrati
“E’ della cronaca degli ultimi giorni il racconto di due fatti avvenuti a Roma, fatti emblematici del pericolo che può scoppiare in ogni momento negli insediamenti in cui vivono immigrati o rifugiati politici. Il primo a Torre Maura, nella palazzina che ospita il centro di accoglienza per 150 extracomunitari (dove un anno fa si scatenò la protesta anti-rom) mercoledì 1 aprile è stato portato via e trasferito in ospedale un ospite perché affetto da coronavirus: è scattata la chiusura totale dell’edificio, il presidio della Polizia, le grida di paura dei vicini alle finestre e il panico tra gli ospiti, fino al tentativo di suicidio di uno di loro. L’altro episodio è scoppiato nel ‘Selam Palace’ della Romanina, dove dal 2006 vivono 600 rifugiati: una coppia somala contagiata ha provocato la chiusura totale dell’edificio ora presidiato dall’Esercito. In questi due casi l’intervento di screaning sanitario degli abitanti del palazzo è stato immediato“: screening sanitario che purtroppo non è così immediato per molti cittadini italiani, costretti ad aspettare giorni per ricevere un tampone nonostante affetti da sintomi conclamati di coronavirus.
“Distribuzione massiccia di viveri ai campi rom”
Ma sebbene a molte famiglie italiane in difficoltà tutto ciò che arriva sono le multe e i rimbrotti del sindaco Raggi, il Comune e la Regione sono stati di estremo aiuto alla questione rom: “Anche la Chiesa e le realtà del Terzo Settore stanno dando il loro significativo contributo” ricorda mons. Palmieri: “In questo le Caritas parrocchiali e le diverse realtà ecclesiali hanno un ruolo fondamentale. Sta succedendo un doppio miracolo: non solo la ‘macchina della solidarietà’ nella comunità cristiana e in tutta la società civile si è mossa anche stavolta, ma si sta anche cercando ai vari livelli di collaborare tra tutti, di non fare da soli”. E come avviene questo? “A Roma, per venire incontro al problema alimentare nei campi Rom, si sta realizzando una distribuzione massiccia, fatta nei villaggi attrezzati e negli insediamenti informali” (ovvero anche le baraccopoli abusive, n.d.r.) “mettendo insieme le risorse di viveri e di volontari di tante realtà: Caritas, Comunità di Sant’Egidio, Migrantes, parrocchie e tanti altri soggetti ecclesiali, in collaborazione con il Comune di Roma, la Polizia Municipale, la Croce Rossa, le ACLI e l’Associazione 21 Luglio”. Ma il vescovo non si lamenta, anzi! “Siamo ‘costretti’ a metterci insieme e cosi…scopriamo che non è poi troppo male, anzi: ancora più chiaramente si realizza il regno di Dio nel segno della comunione”. Comunione di intenti pagata anche con i soldi degli italiani ricordiamo (poiché comune e Polizia non sono di certo organi della Chiesa).
Sacro e profano
“E’ nel cuore di tutti la scena di venerdì scorso, 27 marzo, quando il Papa attraversa la piazza vuota, la città ‘dal silenzio assordante’, ma che mai come in questo momento è compatta con il suo Vescovo e per di più unita, attraverso il segno della malattia del Cardinale Vicario, a tutti i ricoverati negli ospedali… Non so di quanti anni bisogna ritornare indietro per sentire un silenzio nella città così carico e profondo come quello che abbiamo ‘ascoltato’. E’ la Roma che ‘nun fa la stupida’ ma che non perde il suo appuntamento con la storia, l’appuntamento che il Signore le dà per farsi incontrare nel povero e nell’ammalato”, si accora il monsignore, confondendo il sacro col profano del business dell’accoglienza e del lavaggio del cervello arcobalenoso sul fenomeno dell’immigrazione che costantemente ci viene propinato dai suoi “colleghi”. E noi rispondiamo citando un’altra canzone romana: “Nun je dà retta Roma”.
Ilaria Paoletti