L’allarme sulla Cina: “Censura le ricerche sul virus”
Secondo quanto riportato dalla Cnn, la Cina starebbe imponendo restrizioni sulla pubblicazione di ricerche accademiche che riguardano l’origine del Covid-19 in base a una direttiva del governo centrale.
Questo l’annuncio dato da comunicati pubblicati sui siti di due università cinesi, comunicati poi stranamente rimossi.
In base alle nuove misure, tutti gli elaborati accademici riguardanti il coronavirus dovranno essere sottoposti a controlli aggiuntivi con una prima fase che passa per i comitati accademici universitari, per poi venire ulteriormente esaminati dal Ministero dell’Educazione che provvederà ad inoltrarli a un’apposita “task force” del Consiglio di Stato; le università dovranno attendere l’esito dell’esame da parte di questa “task force” e il suo permesso, prima di poter pubblicare la ricerca. Tra i vari aspetti esaminati vi sono “il valore accademico” e la valutazione delle tempistiche (in poche parole, se è il momento giusto per pubblicare l’elaborato).
Un ricercatore cinese ha dichiarato alla Cnn che tali provvedimenti sono estremamente preoccupanti perchè mettono a repentaglio qualsiasi tipo di indagine seria sul Virus, ostruendo così la via a importanti ricerche scientifiche. Il ricercatore ha poi aggiunto che il governo sta cercando di far passare la narrativa secondo cui il Virus non avrebbe avuto origine in Cina e qualsiasi ipotesi alternativa e oggettiva non verrà tollerata.
In effetti lo scorso mese il portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, Zhao Lijian, aveva avanzato la teoria cospirazionista secondo la quale sarebbero stati militari statunitensi a portare il Covid-19 in Cina. Ora il passo successivo sarebbe dunque quello di controllare e soffocare qualsiasi ricerca che contrasta con tale narrativa, come illustrato da Yanzhong Huang, ricercatore presso il Council of Foreign Relations di Washington.
La questione nella sfida tra Cina e Stati Uniti è particolarmente sentita. A inizio pandemia, il governo cinese aveva arrestato sei medici che avevano lanciato l’allarme, uno dei quali (Li Wenliang) poi morto proprio a causa del virus. L’accusa? Aver diffuso informazioni sulla patologia, causando così un “cattivo impatto sociale”. Il governo aveva poi preso provvedimenti anche contro la direttrice del reparto di emergenza dell’ospedale centrale di Wuhan, Ai Fen, “colpevole” di aver lanciato l’allarme a fine dicembre 2019. La dottoressa era stata prima richiamata dai vertici dell’ospedale che le avevano chiesto di non diffondere informazioni sul Covid-19 “per non scatenare il panico”; in seguito, Ai Fen veniva poi convocata dal comitato di controllo disciplinare dell’ospedale che l’aveva duramente rimproverata, ordinandole di non diffondere informazioni di alcuni tipo. Il tutto già riportato da Il Giornale a marzo.
Una serie di elementi inquietanti che non possono non lasciar emergere tutta una serie di perplessità e domande sull’operato delle autorità cinesi per quanto riguarda la gestione del Covid-19, un virus che allo stato attuale e a livello globale ha causato la morte di più di 100 mila persone, infettandone quasi 2 milioni e mettendo numerosi Paesi in ginocchio. Cina compresa.
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