Coronavirus, Rezza (Iss): “Il fattore temporale ha salvato il Sud”
Cala sensibilmente il dato giornaliero dei contagi, specie nelle regioni dell’Italia meridionale che hanno retto strepitosamente all’onda d’urto del coronavirus. Nonostante fosse stata preannunciata una ecatombe, le ultime rilevazioni effettuate dalla Protezione Civile fanno segnare un trend più o meno costante, con un incremento quotidiano di casi inferiore alle 100 unità.
“Al Sud Italia ha giocato un ruolo decisivo il fattore temporale”, spiega Giovanni Rezza, capo del dipartimento delle malattie infettive dell’Istituto superiore di Sanità.
Dunque, il virus non ha sfondato la linea gotica. Alla data del 10 aprile, i territori meridionali più colpiti, ovvero Campania e Puglia, hanno registrato un aumento dei nuovi contagiati relativamente contenuto rispetto alla Lombardia dove il Covid-19 stenta ad allentare la presa. “Il virus è entrato in Lombardia, probabilmente già prima del blocco dei voli da Wuhan. – commenta il professor Rezza al quotidiano d’informazione online Open – E lì si è diffuso in un periodo di picco influenzale: almeno inizialmente è stato molto difficile da diagnosticare. Poi si è trasmesso principalmente per contiguità, senza compiere salti a distanza, se non per qualche cluster ben circoscritto in Veneto, a Rimini e verso le Marche. Quando l’epidemia si è diffusa in tutta Italia e sono nati dei focolai al Sud, le autorità erano già preparate”.
Il distanziamento sociale, e successivamente l’isolamento domiciliare, avrebbero ostacolato la diffusione della pandemia nelle regione dell’Italia Meridionale: “Il provvedimento di distanziamento sociale ha ostacolato il virus al Meridione prima che potesse diffondersi nelle stesse misure del Nord, dove circolava da parecchio tempo. – continua l’infettivologo – Sì, c’è stata qualche catena di trasmissione a Roma, una città molto popolosa. Alcune catene si sono viste nelle Rsa, le residenze per anziani: ma quando il virus è arrivato davvero, i provvedimenti di distanziamento sociale erano stati già presi. Il fattore temporale ha salvato il Meridione”.
A detta del professor Rezza, il Covid avrebbe trovato terreno fertile soprattutto nei luoghi ad elevata densità di popolazione e laddove ci siano ritmi di vita più frenetici: “Il virus ha dimostrato di colpire principalmente le aree più produttive, come il Nord Italia, semplicemente perché ci sono più contatti tra le persone e più spostamenti quotidiani legati a un mondo del lavoro frenetico. Anche l’aspetto della densità abitativa ha inciso. Ma le variabili sono tante, senza dimenticare il fattore della casualità, sempre presente nelle epidemie”.
Fa eccezione il caso delle Rsa, tramutatesi in focolai esplosivi del nuovo virus con un numero preoccupante di vittime. “Quando il virus circola, anche se circola poco, va a creare focolai di un certo rilievo nei luoghi chiusi: le principali catene di trasmissione si sono verificate nelle famiglie e negli ospedali. – chiarisce Rezza – Le Rsa hanno personale che spesso si muove da una struttura all’altra e ospiti che spesso vengono mandati in ospedale per determinate cure: questi sono stati gli elementi che hanno facilitato la creazione dei focolai in determinati luoghi sensibili”.
L’esodo da Milano verso le regioni del Sud, avvenuto agli inizi di marzo, aveva fatto presagire una vera e propria carneficina al Meridione ma, per fortuna, le previsioni sono state ben presto smentite da un andamento costante dei contagi. “Abbiamo notato, nel periodo successivo all’esodo, catene di trasmissione intrafamiliare al Sud avvenute in seguito all’arrivo di un elemento del nucleo dal Nord. – continua il capo del dipartimento delle malattie infettive dell’Istituto superiore di Sanità – Al di là di qualche focolaio di questo tipo, fortunatamente la situazione non è degenerata. E parte del merito va anche ai governatori regionali che hanno istituito delle zone rosse laddove ce n’era bisogno: a memoria ne ricordo quattro nel Lazio, cinque in Campania, e anche in Calabria e Sicilia. Isolare i piccoli territori più colpiti ha funzionato”.
Nonostante l’andamento della curva epidemiologica confermi una netta inversione di trend, bisognerà attendere ancora qualche settimane per poter fare una valutazione definitiva. “Molto dipenderà dalle misure che si prenderanno e da quanto la popolazione le rispetterà. – conclude Rezza – È difficile fare scenari perché, fin quando non ci sarà un vaccino, il virus circolerà. Non ce ne libereremo. Se si mollasse con le precauzioni, basterebbe poco tempo a trasformare Bari in una grande Codogno. Bisogna tenere molto alta la guardia, il distanziamento sociale ha dimostrato di riuscire a contenere il contagio e bisogna continuare su questa strada. Anche quando ci sarà la cosiddetta fase 2, occorrerà muoversi con cautela: la politica dovrà trovare un equilibrio tra la necessità della ripresa economica e la salvaguardia della salute pubblica. Il distanziamento sociale dovrà continuare”.
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