Coronavirus, i “vip” di sinistra hanno il braccino corto: la raccolta fondi è un flop

Il coronavirus ha paralizzato l’Italia e con lei le festività che ricadono all’interno di questo lockdown. Marzo è passato senza che ce ne accorgessimo e siamo già quasi alla metà di aprile con Pasqua e Pasquetta da trascorrere ognuno nelle proprie case.

Ma non solo, perché aprile è il mese delle scampagnate all’aria aperta e dei primi ponti festivi, che quest’anno non ci saranno. Il 25 aprile saremo ancora rinchiusi e lo stesso il 1 maggio. Ma il 25 aprile, la festa della Liberazione, qualcuno vuole comunque festeggiarla.

Ecco che quindi è nato il sito 25aprile2020.it, dove gli antifà sono pronti a ritrovarsi per una scampagnata virtuale a partire dalle 11 del mattino, magari indossando cappellini e t-shirt del Che, frutto del merchandising più capitalista degli ultimi 50 anni. Alle 14, la gran festa si sposterà poi su Repubblica.it, vero megafono del carrozzone, mai come quest’anno anacronistico, il tutto al grido di #iorestolibero. Immancabile il manifesto delle intenzioni, un testo che per i toni sembra arrivare direttamente dagli anni Settanta con l’obiettivo di smuovere certe coscienze. Nel lungo appello si chiama alla discesa in piazza per “porre fine a tutte le guerre fratricide per unirci tutti nell’unica lotta contro i tre nemici comuni: il virus, il riscaldamento del pianeta e le diseguaglianze socio-economiche.” Questo gran minestrone d’intenti lo chiamano “convocazione a cittadine e cittadini” in una piazza virtuale che sarà “ugualmente gremita e animata.” Squillino le trombe e suonino i tamburi, ben 1300 “protagonisti italiani della cultura, della società civile, dello spettacolo e dello sport” hanno già aderito all’appello, che prevede anche la lodevole sottoscrizione per una donazione alla Caritas Italiana e alla Croce Rossa Italiana, un’iniziativa che non può che raccogliere il plauso bi-partisan per far fronte all’emergenza coronavirus.

Con oltre 1300 firme chissà che gran raccolta avranno già fatto gli amici del 25 aprile, che si sono posti l’obiettivo di arrivare a 300.000 euro entro la data dell’adunata virtuale. Tra i sottoscrittori del manifesto, d’altronde, ci sono nomi del calibro di Eugenio Scalfari ed Ezio Mauro. C’è il direttore di Repubblica Carlo Verdelli e c’è quello del Corriere della Sera. C’è Marco Travaglio ma ci sono anche Romano Prodi, Gustavo Zagrebelsky, Dacia Maraini e Maurizio Landini. Immancabili i grandi radical chic della televisione e dello spettacolo di sinistra come Fabio Fazio, Giovanni Floris, Adriano Celentano, Vasco Rossi, Jovanotti e Ligabue, solo per citare alcuni di quelli che non hanno perso tempo a dare il loro endorsement alla convocazione del 25 aprile. Con questo ricchissimo parterre di promotori, chissà che gran raccolta stanno effettuando. Invece, a oggi, sono stati raccolti poco più di 60.000 euro.

La raccolta è ospitata sulla stessa piattaforma nella quale, solo un mese fa, i Ferragnez hanno avviato la loro iniziativa per la costruizione di una nuova terapia intensiva dedicata al coronavirus per l’ospedale San Raffaele con una donazione di partenza da parte loro di 100mila euro, che poi sono diventati oltre 4 milioni grazie alla generosità di più di 200mila persone. Grazie a quei soldi, in 10 giorni è stato costruito un intero reparto di terapia intensiva già pienamente operativo. Scorrendo l’elenco dei sottoscrittori della raccolta fondi del gruppo #iorestolibero si possono trovare gli slanci di generosità di liberi e comuni cittadini, ognuno dei quali ha versato cifre che oscillano tra le poche centinaia e le poche decine di euro. E vip altisonanti che hanno firmato? A scorrere l’elenco ci sono pochi nomi noti tra chi, oltre a mettere una firma, ha messo anche una mano al portafoglio.

Come scrive Giovanni Sallusti su Libero: “Del resto, se non credono i promotori al caviale, perché dovrebbero crederci gli italiani?” Come fa ben notare il giornalista, probabilmente è il concetto di beneficenza ideologica a stridere e a non convincere. Il coronavirus è un flagello trasversale che non guarda in faccia nessuno, buoni e cattivi, partigiani e nostalgici. I manifesti ideologici sulla Liberazione di ieri non si sposano con i problemi concreti di oggi delle terapie intensive e delle decine di migliaia di morti. “Davanti al virus, le chiacchiere stanno a zero. Come la generosità radical chic”, chiosa Giovanni Sallusti nel suo articolo oggi in edicola con Libero.

il giornale.it

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