Migliaia di detenuti a piede libero in Nord Africa
Almeno 15 mila detenuti sono a piede libero in Marocco, Algeria, Tunisia e Libia per l’emergenza Covid-19. Si tratta in gran parte di criminali condannati per reati di poco conto o che avevano già scontato gran parte della pena in carcere. Tuttavia, non va sottovalutato il rischio legato alla sicurezza e alla criminalità in paesi dove la crisi economica potrebbe colpire più forte e causare una nuova ondata migratoria, soprattutto nel lungo termine. In Tunisia, il paese culla della rivoluzione del 2011 che doveva cambiare tutto e non ha cambiato niente, la popolazione mal sopporta le rigide misure di sicurezza (“lockdown” totale e coprifuoco notturno) imposto dalle autorità: tra la malattia e la fame, molti scelgono la prima opzione sfidando il blocco e i militari in strada.
L’Algeria (il paese più vasto del continente africano, grande tre volte e mezzo il Texas) è insieme alla Libia il paese che potrebbe subire i maggiori danni economici per il calo dei prezzi del petrolio. Partner strategico dell’Italia a cui fornisce ingenti quantità di gas, il 90 per cento della sua economia si basa sulla vendita di idrocarburi. Con lo stop forzato dei voli, il vicino Marocco farà molta fatica a reperire fonti alternative di valuta estera, portata solitamente dai turisti e inviata dagli espatriati (a proposito: quasi mezzo milione di marocchini sono residenti in Italia). Come sottolinea l’Agenzia Nova, tuttavia, è certamente la Libia a fare più paura, con il suo mix di terrorismo, criminalità, traffico di esseri umani, guerra e adesso anche coronavirus.
Grazia reale in Marocco
Il re del Marocco Mohammed VI ha concesso all’inizio di aprile la grazia reale a 5.654 detenuti; prigionieri che – assicura l’agenzia di stampa governativa “Map” – sono stati selezionati sulla base di criteri “strettamente oggettivi” che tengono conto della loro età, del loro stato di salute e della durata della loro detenzione, oltre che della buona condotta durante la loro detenzione. Si tratta a ben vedere di un provvedimento che difficilmente migliorerà la situazione nelle sovraffollate carceri marocchine, dove la popolazione carceraria è stimata intorno agli 80 mila detenuti con un tasso di occupazione di oltre il 130 per cento. Non va abbassata la guardia nemmeno sul versante delle migrazioni illegali. Lo scorso 6 aprile, infatti, si è verificato un grave episodio di sconfinamento di massa nell’enclave spagnola di Melilla. I trafficanti sanno che la Spagna ha mobilitato gran parte delle sue forze nella lotta alla Covid-19 e potrebbero intensificare i tentativi di invasione verso la città autonoma di Melilla e l’enclave spagnola di Ceuta, uniche frontiere terrestri tra Africa ed Europa.
L’Algeria ne libera altri 5mila
Altri 5.037 detenuti sono stati graziati dal presidente algerino Abdelmadjid Tebboune, sempre nell’ambito delle disposizioni contro la diffusione del coronavirus. Anche in questo caso, si tratta di persone condannate a non più di 12 mesi oppure a cui erano rimasti da scontare 18 mesi di carcere. Peraltro, il capo dello Stato ha disposto anche una riduzione parziale della pena per i detenuti che si sono macchiati di reati non gravi e la cui età è pari o superiore a 60 anni. Va ricordato come la popolazione carceraria in Algeria sia stimata in circa 60 mila persone, con un tasso di occupazione che oscilla intorno al 150 per cento. Nonostante l’emergenza Covid-19, la polizia algerina continua a operare arresti nel tentativo di sedare una volta per tutte le proteste di piazza del movimento popolare “Al Hirak”. La giustizia algerina in questo periodo è particolarmente solerte nell’arrestare i giornalisti e gli attivisti che mettono in dubbio le cifre sui contagi e i decessi per coronavirus diffusi dalle autorità.
Doppia grazia in Tunisia
Il presidente tunisino Kais Saied ha concesso una doppia grazia in occasione della festa nazionale dell’indipendenza del 20 marzo (1.856 detenuti liberati) e per l’emergenza coronavirus (1.420 rilasci): in totale fanno 3.276 criminali rimessi in libertà, a fronte di una popolazione carceraria di 22 mila persone circa. La Tunisia rappresenta peraltro un importante interlocutore in materia di lotta ai flussi irregolari di migranti. Vale la pena ricordare che la Tunisia è prima nazione di provenienza dei migranti illegali sbarcati in Sicilia nel 2019 (almeno 2.654 secondo i dati del Viminale). A inizio 2020 c’è stata una fervente ripresa delle attività dei trafficanti di esseri umani che, tuttavia, sembra essersi placata a marzo con l’emergenza Covid-19. Fra Italia e Tunisia è in vigore un accordo bilaterale che prevede il rimpatrio di 80 persone con due voli charter due volte a settimana. E’ intenzione della autorità italiane aumentare il ritmo del rimpatrio dei tunisini irregolari, ma bisogna vedere quale sarà l’orientamento del nuovo governo tunisino da questo punto di vista. E in merito alla possibilità di creare degli “hotspot” per migranti e profughi dalla Libia, finora i tunisini hanno sempre risposto picche.
Rischio caos totale in Libia
La situazione in Libia rappresenta un vero e proprio un incubo per gli 007 italiani. Il mix di traffico di esseri umani, guerra, terrorismo, criminalità e adesso anche coronavirus (19 casi registrati in Tripolitania, inclusi un decesso e una guarigione; zero casi dichiarati in Cirenaica) rischia di innescare una reazione a catena in tutto il Mediterraneo, visti i porosi confini di terra e la presenza di numerosi trafficanti di esseri umani. E’ impossibile avere numeri certi sulle carceri libiche. Gli ultimi dati risalenti al 2014 riferiscono di almeno 6.000 detenuti, ma a questi vanno aggiunti anche i circa 5.000 migranti nei centri di detenzione. Le autorità giudiziarie della Libia occidentale, riconosciute della Nazioni Unite, hanno annunciato per ora il rilascio di circa 500 prigionieri. Secondo portavoce della polizia del governo della Cirenaica (quest’ultimo invece non riconosciuto dalla Comunità internazionale), tenente Asadiq Al Zawi, si tratta di persone coinvolte “in crimini atroci” che in alcuni casi avrebbero già lasciato la capitale. Il portavoce della Libia orientale ha inoltre accusato il governo di Tripoli di aver schierato i detenuti al fronte contro l’Esercito nazionale libico (Lna) del generale Khalifa Haftar a sud di Tripoli. Dichiarazioni che vanno prese con le pinze perché in Libia la situazione è “molto fluida” – spiegano gli analisti militari – e le poche informazioni che trapelano rientrano spesso nella guerra di propaganda che si combatte a suon di “fake news”. Eppure, i rischi appaiono concreti in un paese dove la guerra civile (o meglio, la guerra per procura) ha compiuto pochi giorni fa un anno.