La Sea Eye è tornata in mare con il benestare della Germania
La Sea Eye è la prima Ong a tornare in mare da quando il mondo ha a che fare con la pandemia causata dal coronavirus.
Nei giorni scorsi infatti, è stato annunciato il via ad una nuova missione della Alan Kurdi, la nave usata dall’organizzazione.
E adesso per l’Italia possono certamente essere problemi: il nostro Paese è il più esposto all’emergenza migratoria, per adesso però è anche quello che più conseguenze sta subendo sul fronte della lotta al Covid-19. E quindi anche un singolo sbarco in più potrebbe creare problemi logistici e, soprattutto, sanitari.
Era nell’aria da tempo la possibilità che, anche nel pieno dell’emergenza, prima o poi qualche Ong levasse l’ancora per tornare nel Mediterraneo centrale. L’ultima nave di un’organizzazione a portare migranti in Italia è stata la Sea Watch 3, la quale il 27 febbraio scorso ha fatto sbarcare 194 migranti a Messina. Poi, tra quarantene ed impossibilità logistiche derivanti dalle misure di contenimento del virus, le varie navi sono rimaste con i motori spenti. Anche se, da più parti, sono arrivati segnali quasi di “insofferenza”: il presidente di Open Arms, ad esempio, nei giorni scorsi parlava della volontà, quando prima, di rimettersi in navigazione.
Non sorprende però che la prima Ong a tornare in mare sia tedesca. E non solo perché in Germania forse le misure anti Covid sono meno stringenti che altrove, anche se da qualche giorno pure qui il lockdown è pressoché totale.
La Sea Eye infatti, ha chiaramente affermato di avere il supporto delle autorità tedesche. Le stesse cioè che non sembrano capire evidentemente la gravità della situazione, sia sanitaria che economica, che si sta vivendo in Italia.
O forse le stesse che la capiscono fino in fondo e non fanno nulla per attenuarla. Allo stesso modo di come infatti Berlino ha mostrato poco rispetto per la nostra situazione economica, rispedendo seccamente al mittente le proposte del nostro governo volte a garantire la ripresa post coronavirus, adesso lo stesso discorso è possibile farlo più in generale sul fronte sanitario.
“Anche in questa crisi, facciamo affidamento sulla responsabilità e sul coraggioso intervento politico del nostro stato di bandiera. Siamo in stretto contatto con le autorità tedesche”: a dichiararlo è stato, alla vigilia della partenza della Alan Kurdi verso il Mediterraneo, il presidente di Sea Eye, Gorden Isler.
Dunque, le autorità di Berlino sapevano di questa fuga in avanti dell’Ong e non sembrano abbiano fatto nulla per impedirla. Anzi, forse è stata anche politicamente appoggiata. E questo non è un bel segnale per i rapporti con l’Italia: il nostro Paese, come detto, oggi è impossibilitato ad affrontare la gestione di una nuova crisi migratoria.
Anche un singolo sbarco in più, vorrebbe significare distrarre forze di soccorso e forze dell’ordine dai compiti indispensabili per fronteggiare l’emergenza coronavirus. Inoltre, occorrerebbe trovare locali idonei alla quarantena di chi arriva, così come immettere nuovi migranti nel circuito dell’accoglienza che, mai come in questo momento, appare prossimo alla deflagrazione sotto i colpi dei pericoli sanitari.
Eppure la Sea Eye è partita verso il Mediterraneo, con la benedizione delle autorità del suo Stato di bandiera, ossia appunto la Germania. Ma anche con l’autorizzazione del governo spagnolo, anch’esso in difficoltà sul fronte coronavirus, che ha dato il benestare visto che la Alan Kurdi era ancorata non lontano da Valencia. Si sa bene come, in caso di recupero di migranti a largo della Libia, la Alan Kurdi farebbe rotta verso l’Italia. Con le frontiere interne chiuse e con un’Europa concentrata sui singoli problemi sanitari dei vari Paesi, appare chiaro inoltre che non si attuerebbe alcun meccanismo di redistribuzione.
In poche parole, il ritorno delle attività delle Ong è un pessimo segnale per l’Italia, specie in vista della bella stagione. Ma la Germania non ha fatto nulla per evitare che un’organizzazione tedesca desse il via alle danze.
il giornale.it