Un infermiere a Conte: «100 euro? Non sappiamo che farcene, meglio il “grazie” di chi soffre»

arole messe nero su bianco. Con sofferenza. Con dolore e con rabbia. Un infermiere calabrese ha scritto nelle scorse ore una lettera al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Ha descritto e lamentato le assurde condizioni in cui si trova ad operare. Si tratta di Giannantonio Sapia, che lavora al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Rossano. È uno dei tanti eroi silenziosi che oggi sono in prima fila a combattere contro il Covid-19.

L’infermiere: quei cento euro in busta paga…

A loro, in segno di solidarietà, avevano promesso 100 euro in busta paga, che però non sono state accreditate. «Caro presidente», si legge nella missiva, «lavoro incessantemente in un Pronto Soccorso senza misure sanitarie di prevenzione e non solo per il Covid-19. Trascuro la mia di famiglia per andare in aiuto della mia gente e per salvare vite. Qui si lavora anche 18 ore al giorno, perché siamo sotto organico da anni».

«La vita degli altri ha la precedenza su tutto»

«La mia stanchezza cede il passo alla vita. I bisogni personali primari», ricorda Sapia al premier Conte, «non sono ammessi in situazioni come questa perché la vita degli altri ha la precedenza. La nostra gratificazione è solo il sorriso, il grazie delle persone a cui sono stato utile».

Lo sfogo dell’infermiere: «Mi scusi, vado a riprendere la mia guerra»

Arriva la parte più dura, che comincia con un A questo punto, caro presidente, quale massimo rappresentante del Governo…. «A questo punto sarebbe stato più utile da parte sua – invece di elargire il premio di 100 euro – impegnarsi a fornire tutti i presìdi e gli ausili necessari per combattere questo nemico invisibile. Sarebbe stato sufficiente. Ma domani, sperando venga il più presto possibile “cosa ricorderanno quelli che tra di noi rimarranno? 100 euro?». Poi conclude: «Presidente, mi scuso per questo sfogo, ma ora vado a riprendere la mia guerra al fronte inerme».

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