Giuseppe Conte e Speranza, il 31 gennaio parlarono di Cina e non di coronavirus e ospedali
“L’Italia รจ pronta”. Era ilย 31 gennaioย eย Giuseppe Conteย eย Roberto Speranzaย assicurarono dopo la riunione del comitato operativo che non c’era motivo di temere disastri per l’epidemia diย coronavirus. Quasi due mesi dopo, sappiamo tutti com’รจ finita: un Paese in quarantena, Cina superata nel record di decessi, economia al collasso, situazione sociale al limite.
La prima misura, ilย blocco dei voliย dalla Cina, fu definita dal ministro della Salute cosรฌ: “Le nostre precauzioni sono le piรน rigide d’ Europa”. Ma secondo ilย Fatto quotidiano, quel giorno “nessuno parlรฒ diย capacitร ricettiva degli ospedali, di posti inย terapia intensivaย e neppure di cercare sul mercato internazionaleย mascherine, respiratori e tamponi, di preparare barellieri, infermieri e medici, di prevedere un aumento dell’ organico, di emanare protocolli per i soccorsi urgenti. Nessuno”. E questo nonostante quella stessa mattina il CdM avesse proclamato lo stato d’emergenza eย nominatoย Angelo Borrelli, capo del dipartimento di Protezione civile, coordinatore per l’emergenza. Solo tre giorni prima, il 28 gennaio, l’Omsย aveva spiegato che “il rischio globale di epidemia รจ alto”.
Eppure, “il tema piรน delicatoย – spiega ancora il retroscena delย Fattoย -, affrontato per gran parte del tempo dalle 17 alle 19.30 e foriero di accorati interventi, fuย il rapporto con la Cina, compromesso per gli Esteri, perchรฉ il mancato preavviso non aveva fertilizzato ilย territorio diplomatico; dannoso per iย Trasporti, perchรฉ i cinesi potevano entrare in altri modi e senza controllo”. Tutto vero, ma oggi รจ chiaro (e sarebbe dovuto esserlo anche allora) come la prioritร dovesse essere la tenuta del sistema sanitario nazionale.ย