Entra in ospedale per il tampone. Ma in 4 giorni il virus lo uccide
«Mio fratello era un medico di base e un odontoiatra. Ha lavorato fino all’ultimo, senza risparmiarsi.
Ma non stava molto bene. Così 15 giorni fa è andato in ospedale per fare il tampone, voleva essere sicuro di non avere il virus, per i suoi pazienti». Invece quel giorno all’ospedale di Lucca, Marco Lera, 68 anni, medico di famiglia a Capannori, è stato trovato positivo. Quella è stata l’ultima volta in cui la moglie, che lo aveva accompagnato, l’ha visto. «È stato ricoverato subito nel reparto di malattie infettive – ricorda il fratello Paolo Lera – ma non stava troppo male. Diceva che respirava a fatica ma non aveva nessun tipo di paura». Quattro giorni fa se ne è andato. «Dopo due giorni dal ricovero la sua situazione era peggiorata e nella notte è stato trasportato d’urgenza in rianimazione dove col suo consenso è intubato e sedato. Non si è risvegliato». Poco prima è riuscito a parlare un’ultima volta al telefono con la moglie, Patrizia: «Quando ha capito, essendo medico, che lo mandavano in rianimazione ha parlato con la moglie. Gliel’ha detto piangendo dove stava andando. Forse aveva capito che era un viaggio senza ritorno. Nessuno ha più potuto vederlo. La tortura di questa malattia è che il malato si stacca completamente dai suoi affetti». Senza la possibilità di fargli un funerale, ieri, il carro funebre è passato davanti all’abitazione e i familiari più stretti lo hanno accompagnato al cimitero. «È così che si celebra la morte ora. Si va davanti al cancello del cimitero e il parroco dà la benedizione. Poi la tumulazione». La figlia Marta affida qualche parola a un post su Facebook: «Per molte persone era il dottore, per tanti era l’amico Marco, per altri nessuno, per la televisione un numero in più nella colonna sbagliata, per me, per me era il mio papà».
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