Coronavirus, in Italia militari russi e specialisti nella guerra batteriologica: cosa ha offerto davvero Conte a Putin?
Si torna allo scorso sabato, quando si è tenuta una lunga telefonata tra Giuseppe Conte e Vladimir Putin. Una vicenda passata ai raggi X in un appassionante articolo su La Stampa di mercoledì 25 marzo. Dopo il contatto, la Russia si è impegnata ad aiutare l’Italia nella guerra al coronavirus. Così, domenica sera, all’aeroporto militare di Pratica di Mare sono arrivati gli aiuti. Buoni, appunto, più per una guerra che per un virus. Il quotidiano torinese elenca cosa è arrivato sul nostro territorio: “Nove aerei Ilyushin con forniture russe e 100 specialisti nella guerra batteriologica, uomini che le agenzie russe definiscono esperti nel settore che hanno lavorato nell’eliminazione dei focolai di peste suina africana, antrace, nei vaccini contro Ebola e contro la peste”.
Ci si interroga, dunque: ma allora, esattamente, Putin quali forniture ci ha offerto? E a quale prezzo? Riprende Jacopo Iacoboni su La Stampa, spiegando che fonti politiche “di alto livello”, hanno riferito che “tra quelle forniture russe l’80% è totalmente inutile, o poco utile all’Italia. Insomma, poco più che un pretesto”. Giusto per intendersi, la Cina ha spedito ventilatori polmonari e mascherine, la cui utilità pratica non è difficile da comprendere. Nel dettaglio, le forniture russe, sarebbero “attrezzature per la disinfestazione batteriologica di aree, un laboratorio da campo per la sterilizzazione e la profilassi chimico-batteriologica, e attrezzature di questo tipo”. Ed è qui che si arriva al cuore del retroscena, un poco inquietante: secondo le stesse fonti, la vera contropartita della chiamata Conte-Putin sarebbe geopolitica e diplomatica. Già, la Russia è fisicamente entrata sul territorio italiano; a Conte, da par suo, non è affatto dispiaciuto consolidare la giù buona relazione politica e personale con Mosca
Il punto è che gli esperti mandati da Mosca sono medici militari. Esercito, graduati. La Stampa lo spiega per filo e per segno: “Tutta l’operazione fa capo al ministero della Difesa russo, non a quello della Sanità. Hanno i gradi di generali, colonnelli, maggiori, tenenti colonnelli, impegnati in passato in terreni di operazioni militari, dalla Guinea all’Africa, in cui la guerra batteriologica ha fatto tutt’uno con operazioni dell’intelligence estera russa. Sergei Kikot, generale maggiore, capo della missione, è esperto di antrace. Gennady Eremin, colonnello, è esperto in guerra batteriologica e ha lavorato contro la febbre suina. Il colonnello Viacheslav Kulish è un esperto nello sviluppo di attrezzature protettive contro agenti biologici virali, ha lavorato nei programmi contro Ebola e la peste”. E tutte queste persone, martedì, sono partite da Roma verso Bergamo, a bordo di mezzi militari: un viaggio lungo 600 chilometri lungo l’Italia di militari russi, con l’ok di Conte e Palazzo Chigi. Per inciso, La Stampa conclude interrogandosi: chi ha dato l’indicazione di aprire l’aeroporto di Partica di Mare? No, non è stato Luigi Di Maio, ovvero il ministro degli Esteri, il quale non avrebbe sentito l’omologo Lavrov. L’iniziativa è benedetta da Conte: tutto sta in quella telefonata di sabato scorso con Puti, il cuore pulsante di questa strana vicenda.