Coronavirus, non muoiono solo gli anziani: 14% ucciso in età lavorativa
Bisognerebbe fermarsi un attimo e definire esattamente cosa s’intende per “giovani” e “anziani”. Perché se è vero che il coronavirus in Italia si sta portando via migliaia di nonni e nonne, è anche vero che i decessi non riguardano solo i vecchi saggi della popolazione italiana.
L’Istat inizia a considerare “anziana” una persona che supera la soglia dei 65 anni di età, ma una definizione precisa nel mondo ancora non c’è. Per l’Inps, ad esempio, la soglia che permette di accedere alla tanto sperata “pensione di vecchiaia” è di 67 anni, se si sono versati contributi per almeno 20 anni, e 71 se la contribuzione è di solo cinque anni. Dunque si presume che un italiano non sia “vecchio” almeno fino ai 67 anni di età, visto che fino a quel momento è costretto a lavorare (quota 100 e diavolerie varie permettendo). Sopratutto se si pensa che la Società Italiana di gerontologia e geriatria (Sigg) ha già alzato l’asticella addirittura a 75 anni.
Ecco perché dopo questa breve ma necessaria precisazione, i dati sui decessi provocati dal coronavirus potrebbero apparire più gravi di quanto ci si immagini. La media dei pazienti morti e positivi, infatti, è di 78,5 anni, con un range che va dal più giovane di 31 anni al paziente che prima di spirare aveva già spento 103 candeline. Posto che non c’è un momento “giusto” per morire, neppure a 80 anni, molte delle persone che hanno perso la vita nella battaglia contro il virus non erano ancora entrate nell’età pensionabile. O al massimo si godevano l’assegno da meno di due anni, dopo un’intera vita di sacrifici.
Nell’ultimo Rapporto sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi al Covid-19 in Italia, l’Istituto Superiore di Sanità riporta una statistica divisa per fasce di età (aggiornata al 20 marzo). Come potete vedere dall’infografica qui sotto, tra i morti ci sono anche giovanissimi: nove persone tra i 30 e i 39 anni, 27 tra i 40 e i 49 anni. Restano per ora senza gravi conseguenze i bambini e i ragazzi (zero decessi fino ai 29 anni), mentre si contano 93 vittime tra i 50 e i 59 anni e 329 tra i 60 e i 69. In totale fanno 458 uccisi prima dei 70 anni. Si tratta del 14% delle dipartite totali provocate dal virus che sta mettendo in ginocchio l’Italia. E non è poco.
Certo, la maggior parte di chi muore attaccato a un respiratore (o ancora prima di arrivare in terapia intensiva) è più anziano, visto che l’86% di chi non c’è più aveva superato la soglia dei 70 anni. I decessi tra i 70 e i 79 anni sono stati 1.134 e 1.309 quelli tra gli 80 e gli 89. Concludono la statistica, fredda e brutale, i 298 morti over 90. Va anche detto che dei 9 pazienti uccisi prima dei 40 anni, “7 presentavano gravi patologie pre-esistenti (cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità)”. Dunque chi i giovani che si infettano hanno basse probabilità di morire. Ma se pensiamo che quasi 500 persone in età lavorativa hanno perso la vita, diventa difficile aggrapparsi ad un banale “muoiono solo i vecchi”. Per fare un confronto, il bollettino conta oltre 10 volte il numero di vittime provocate dal crollo del ponte Morandi a Genova.
I dati che vi abbiamo mostrato sono quelli inseriti dall’Iss nel report del 20 marzo, una scelta dettata dal fatto che si tratta di informazioni maggiormente consolidate. In questi ultimi tre giorni però il quadro si è ulteriormente aggravato. Ieri il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, ha annunciato il nuovo bilancio di 5.476 morti su 59.138 casi di Covid-19. Il tasso di letalità generale, stando al sistema di sorveglianza dell’ISS, è passato dal 7,6% di venerdì all’8,5% di domenica. Osservandola per fasce di età, si scopre che la letalità tra i 30 e 39 anni è dello 0,3%, dai 40 ai 49 anni dello 0,6% e dai 50 ai 59 del 1,3%. A preoccupare è però il tasso di decessi di persone tra i 60 e 69 anni, salito dal 4,4% di due giorni fa al 5% di ieri (ben al di sopra del 3,8% registrato in tutta la Cina sull’intera popolazione infetta).
In totale, al 22 marzo, ben 657 persone in età lavorativa hanno perso la loro battaglia contro la malattia. Erano padri, mariti, forse nonni. Non di certo “anziani”.
(Infografiche e grafici elaborati e realizzati da Tommaso De Lorenzo e Marisa Saggio)
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