Coronavirus, svolta con lo studio dell’Ospedale Sacco: “C’è una deriva genetica con importazioni multiple”
Il coronavirus nel nostro Paese avrebbe avuto più di un “paziente zero”. A confermarlo, oltre all’elevato numero di contagi, anche lo studio sui tre ceppi del virus dell’équipe di ricercatori coordinata dal professor Massimo Galli, primario di malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano. Da una delle tre sequenze italiane – spiega Il Fatto Quotidiano – complete comparate con 157 sequenze isolate a livello mondiale, emerge una “deriva genetica” del virus, cioé la sua capacità di mutare e di replicarsi attraverso la creazione di ceppi diversi.
Ma le novità non finiscono qui. Il genoma ottenuto dai primi pazienti del Lodigiano, poi deceduti, viene così messo a confronto con quelli cinesi e non solo, al fine di identificare “ultimo antenato comune”. Risultato? I tre ceppi italiani stanno in uno stesso cluster (gruppo) assieme ad altri cinque provenienti da Germania, Finlandia, Messico e Brasile. Tutti hanno come antenato il virus cinese che viene datato al 23 ottobre 2019. Diversa invece la data del primo nodo del cluster, quello che comprende i ceppi italiani, legata al 20 gennaio (Baviera), il 26 dello stesso mese è la data del secondo nodo (Codogno).
L’ultimo riguarda la seconda sequenza tedesca e la prima messicana e risale al 16 febbraio. Tutti i ceppi del cluster, compresi gli italiani mostrano capacità di mutamento sulle proteine che, superando le difese immunitaria, si agganciano agli alveoli polmonari togliendo il respiro al malato. Proprio l’impossibilità di capire il tragitto del virus ha portato i ricercatori a pensare a “importazioni multiple” dall’Europa che hanno creato focolai diversi da Codogno.