“La stretta sull’evasione adesso è accanimento. La gente non incassa”
Il decreto Cura Italia? «Importanti interventi sul lavoro, professionisti dimenticati. La parte fiscale sarà un problema perché per quanto noi commercialisti potremo continuare a lavorare, per lo Stato sarà difficile incassare.
La gente non avrà più soldi. Alla crisi sanitaria seguirà quella economica e poi sarà il turno di quella finanziaria». Il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti Massimo Miani non dà un giudizio del tutto negativo sul provvedimento di marzo varato lunedì dal governo. Ma solo perché la sua categoria non può che essere «realista». Il decreto è stato approvato da due giorni e fino a ieri non era stato ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale. Possibili quindi modifiche dell’ultimo minuto. Alcune auspicabili per il presidente dei commercialisti. Ad esempio nella parte del decreto che prevede per gli agenti della riscossione la proroga di due anni dei termini di accertamento. In sostanza, ai contribuenti sono stati dati al massimo due mesi in più per pagare. Al fisco sono concessi altri due anni per l’accertamento del periodo di imposta del 2015, che sarebbe scaduto il 31 dicembre.
Come se lo spiega?
«Non saprei. Forse avrebbe potuto avere un senso se fosse stato applicato a un’area circoscritta, come la vecchia zona rossa. Possibile discuterne in un altro momento, inserendola in un provvedimento diverso. Ma perché farlo ora? In una situazione in cui la gente non sa cosa fare, è obbligata a stare a casa e non incassa».
Ma allo stesso tempo è stato deciso il rinvio dei termini e degli adempimenti, in alcuni casi fino a maggio.
«La proroga di due anni per la lotta all’evasione mi pare una decisione assurda proprio alla luce delle altre misure. Da un lato si rinvia un versamento per quattro giorni e le cartelle di due mesi, poi si concede al fisco una proroga di due anni sul pregresso. Perché dare all’Agenzia delle entrate altri due anni in virtù dell’emergenza? Gli uffici del fisco staranno fermi due mesi per l’emergenza, come tutti gli altri».
Possibili modifiche?
«Auspicabili. Anche perché una stretta sull’evasione in un momento in cui regna l’incertezza sembra un accanimento inutile. La gente non sa se avrà soldi il prossimo mese e in una situazione del genere pagare l’Iva diventerà l’ultimo dei problemi. Sto ragionando da cittadino. Ma come commercialista mi chiedo che senso abbia inserire differenziazioni e limiti».
In che senso?
«Sospendere i versamenti di marzo per soggetti fino a due milioni di euro o prevedere la possibilità di non vedere applicata la ritenuta sugli incassi solo per gli ultimi 15 giorni di marzo per i contribuenti con ricavi o compensi non superiori a 400 mila euro, sono interventi che rischiano di sembrare una beffa. Sarebbe stato più saggio rinviare tutto di 20 giorni. Capisco le difficoltà, ma so anche che la gente non capirà. E nell’incertezza chi non ha grandi riserve potrebbe anche decidere di tenersi i soldi in tasca».
Cosa pensa delle altre misure su autonomi, professionisti e partite Iva?
«Che come sempre non c’è grande attenzione al mondo delle professioni. Quelle ordinistiche (medici, commercialisti, avvocati, etc, ndr) sono state escluse dal bonus di 600 euro ed è stato loro riservato il sostegno di ultima istanza. I professionisti sono ancora considerati dei privilegiati, una corporazione. Concetto decisamente datato se consideriamo che la mia categoria ormai conta giovani professionisti con redditi bassi e che ora sono in difficoltà. Professioni peraltro oggi chiamate in prima linea. Noi dobbiamo continuare a lavorare per garantire il gettito. La maggior parte delle entrate dello Stato passa dai commercialisti e lavorare in questa emergenza non è facile nemmeno per noi».
Quindi pollice verso?
«No, comprendiamo le difficoltà, sappiamo che è difficile trovare una soluzione, ma anche la parte positiva del decreto, quella con i trasferimenti, è debole, non so se le risorse messe in campo saranno sufficienti. Speriamo ci siano modifiche in sede di conversione. Sarebbero servite decisioni più coraggiose e di respiro più ampio perché la crisi sta colpendo gran parte delle partite Iva».
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