Medici della Lombardia: “Tamponi a tappeto per politici, ma non a noi”
Il loro è un grido di aiuto. Di quei professionisti in prima linea nell’epidemia da coronavirus. Lamentano mancanze.
E denunciano che, fin dall’inizio dell’epidemia, i tamponi venivano riservati, a tappeto, ai politici ma non a medici e infermieri che ogni giorno lottano contro il virus negli ospedali lombardi. Vengono denunciate una serie di mancanze da parte del ministero della Salute e della Regione Lombardia.
“Hanno fatto in modo che i medici si trovassero ad affrontare un rischio catastrofico senza misure di sicurezza adeguate, trovandosi nella condizione di essere involontari potenziali vettori dell’infezione che aveva caratteristiche prima inedite”. È duro il j’accuse di Paola Pedrini, segretario dei medici di famiglia lombardi della Fimmg, contenuto nella lettera di diffida e messa in mora che il sindacato indirizza a dicastero, Regione, Agenzie di tutela della salute (Ats), procuratori della Repubblica, prefetti e procura generale della Corte dei conti.
Nella missiva si chiede che, entro 72 ore, vengano erogati a tutti i camici bianchi di base e di continuità assistenziale di kit protettivi completi, in numero adeguato e di qualità idonea. Di testare l’eventuale contagio di medici, infermieri, personale di studio e, in caso di positività, quello di famigliari e conviventi. Di concordare con i sindacati di categoria modalità di arruolamento dei professionisti. Di organizzazione e di operatività delle unità speciali di continuità assistenziale (Usca).
Ma le parole più dure si leggono nelle premesse alle richieste. Il ministro della Salute e la Regione Lombardia, nonostante le notizie internazionali che fin dalla fine del mese di novembre 2019 evidenziavano un rischio biologico per l’intera popolazione mondiale e la presenza, in Regione Lombardia, di tre aeroporti internazionali, non avrebbero predisposto alcun piano dei rischi. Nessuna sorveglianza sanitaria all’accesso agli ospedali. E non avrebbero previsto un protocollo di sicurezza per l’acquisto di dispositivi di protezione idonei a scongiurare la propagazione del rischio biologico attraverso i sanitari.
Non solo. La segretaria di Fimmg Lombardia incalza: “Non risultano inviati alcun protocollo e/o elenco di dispositivi idonei a proteggere dal rischio i medici e il personale di studio, ove presente, in una situazione di pandemia”. Pedrini fa inoltre notare che, fin dall’inizio dell’emergenza, i medici segnalarono alle Ats di competenza di essere venuti a contatto con pazienti potenzialmente infetti e richiesero un test di controllo (tamponi) dell’avvenuto contagio. Una richiesta legittima.
Ancora oggi le Ats lo rifiutano fino alla manifestazione della sintomatologia. Spesso troppo tardi. E, anzi, molti dottori e dottoresse nonostante la malattia manifesta sono sottoposti a test dopo molti giorni per assenza di tamponi. Prosegue: “Agli operatori sanitari tale verifica è stata negata anche nelle fasi iniziali, nelle quali poteva avere un’importante funzione profilattica”. In quella fase venivano eseguiti controlli a tappeto su personalità politiche e amministrative. Ma non sui medici. Questi ritardi comportano il rischio che pazienti, famigliari e colleghi di lavoro siano infettati senza che alcuno provveda al loro isolamento
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