Spranghe, mascherine per coronavirus e coltelli: ora gli immigrati si picchiano così (Video)
Milano, 16 mar – La rissa per la contesa tribale del territorio o per regolare i conti sì, ma con un occhio alla prevenzione del coronavirus. Succede a Milano, dove domenica pomeriggio due folti gruppi di immigrati si sono fronteggiati armati di bastoni, catene e coltelli nella cornice del Parco dei 600, zona Quarto Oggiaro. Tra l’armamentario in dotazione a questi improvvisati guerrieri urbani, ecco spuntare le mascherine per proteggersi dalla trasmissione del Covid-19. Come a dire: ci sfondiamo la testa a mazzate, ma almeno non prendiamo il virus.
Il fatto è stato denunciato dal Comitato di quartiere con un post su Facebook, accompagnato da un lungo video che riprende l’intera sequenza. Il filmato mostra alcuni – si presume – giovani stranieri radunarsi nella piazzola del parco (il metro di distanza regolamentare è ovviamente l’ultimo dei loro pensieri) fronteggiandosi e picchiandosi a più riprese. Nel frattempo si accendono altri piccoli focolai di rissa tra altri ragazzi. I residenti, affacciati ai balconi, urlano agli immigrati di smetterla, ma questi abbandonano il parco solo quando sullo sfondo si sentono le sirene della polizia, che qualcuno nel frattempo ha allertato.
Così scrive il testimone autore del video postato su Facebook: “Ore 15.00 dal mio terrazzo vedo nel Parco dei 600 un gruppo di 8 persone. Non hanno mascherine. Si passano delle sigarette, presumo hashish. Credo che parlino arabo. Sono indeciso se chiamare la polizia per il solo fatto che hanno disatteso la domiciliazione. Rinuncio. Alle 15.30 sento urla e strepiti”, spiega. “Ora le persone sono una ventina, molti sono armati di bastone ed uno di loro sembra impugnare un coltello. Alcuni si picchiano. Qualcuno fomenta, qualcun altro cerca di dividere, molti stanno a guardare. In tanti urlano dai balconi di smetterla. Dopo quindici minuti, arriva la polizia. Speriamo che nessuno di loro abbia bisogno di sovraccaricare il già oberato pronto soccorso dell’Ospedale Sacco, altrimenti, almeno in questo caso, ‘la selezionei dovremmo chiederla noi“.
Cristina Gauri